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Il futuro è della Venetia, non dell’Italia

Vi sono ottime ragioni perché il PNV inviti ad boicottare il voto del 13 e 14 aprile. Non è il caso di discutere a lungo sui fallimenti dei governi italiani, certamente quest’ultimo non ha brillato, ma occorre ricordare che in cinque anni di governo gran parte delle promesse di Silvio Berlusconi non sono state mantenute, né vi sono le circostanze perché siano mantenute questa volta. Ma questo non perché non vi siano alcuni uomini di buona volontà, dall’una e dall’altra parte. Fallimentare è lo Stato unitario, non il modo di guidarlo. Semplicemente, perché è il sistema ad essere obsoleto, per usare un aggettivo riferibile al mondo meccanico, e marcio, per usarne uno, più esplicito, riferito al mondo organico. Quindi, se anche venissero immesse forze intellettuali nuove, esse verrebbero di nuovo fagocitate. Basta guardare le facce che ci propinano quasi ogni sera tv private e pubbliche: non hanno più nulla da dire, perché obbiettivamente se si rimane nella logica dello Stato nazionale italiano, non vi è più niente da dire. Niente di realmente politico. Solo vecchi e tristi ritornelli, i comunisti, i socialisti, le loro metamorfosi moderate da una parte; i sedicenti liberali, liberisti, anti-comunisti dall’altra, e le loro metamorfosi più radicali dall’altra. E’ tutto morto. E’ morta l’ideologia socialista, ché tante sciagure ha portato al mondo, e che questo mondo non riesce né vuole comprendere. Sarebbe vivo il pensiero liberale, ma è stato totalmente svilito da coloro che, il Dott. Berlusconi e la sua cerchia, avrebbero dovuto metterlo in pratica, come da promessa, come da celebre contratto. Ma non è possibile, oggettivamente, neanche per loro, neanche se ce la mettessero tutta. Non sarà mai possibile abbattere le tasse se non in risibili percentuali minime, perché la spesa pubblica continua a crescere, semplicemente perché cresce il costo della vita, dei servizi, di tutto quanto. E perché tale spesa pubblica è mantenuta alta per il semplice fatto che vi sono resistenze troppo grandi ad attuare vere e radicali politiche di privatizzazione. L’unico futuro è nella fine dello Stato nazionale italiano, nella Sardegna libera, nella Sicilia libera, ma, per quanto ci interessa, della Venetia libera sovrana e indipendente. Solo in questo modo, e si tratta certo di un modo radicale, si uscirebbe da una impasse grandiosa, che impedisce il futuro di molti, e mette un’ipoteca pesante sul presente di tutti. La Stato nazionale è finito, è un cadavere che si mantiene artificialmente in vita. Persino nella granitica Francia vi sono movimenti indipendentistici, a parte quello noto in Corsica, perfino in Alsazia e Bretagna: non se ne parla molto, ma ne ha parlato su “Il Corriere della Sera” Francesco Battistini il 1° Febbraio. Non ha citato i movimenti indipendentistici in Italia, ma forse l’articolo era dedicato solo al “resto del mondo”. Ho forse hanno paura di dire che esistiamo.

Per cui, occorre concentrarsi sulle elezioni amministrative, ed eventualmente quelle europee. E invitare tutti a passare il 13 e il 14 aprile visitando magari qualche località della Venetia ventura; non recarsi alle “urne”, già l’urna ha qualcosa di sepolcrale, nel senso brutto. Piuttosto, se mai, si vada a trovare i propri cari passati ad plures al cimitero, si portino poi i bambini a giocare. Ricordandoci che secondo un grande poeta, T. S. Eliot, “aprile è il più crudele dei mesi”, e le elezioni per questa vecchia baracca detta “Italia” (da Mussolini “Itaglia”) incrudeliscono vieppiù su tutti noi. Speriamo solo che nella Venetia nessuno perda tempo in questo mesto rituale. Se non lo si considera come un atto di pietà: segnare una Croce su nomi di morti, e simboli di partito, cose oltremodo morte. Ma, ad essere meno tragici e un po’ più comici, e per parlare come si mangia ( i politici italiani mangiano perché parlano ) credo che recarsi alle urne in questo caso porti anche un grande quantitativo di sfiga. Meditate, genti venete, meditate.

Paolo Bernardini 

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