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SERENISSIMA E POTERE ROMANO

Nel 1606 il Papa Paolo V e il Doge Leonardo Donà regnavano rispettivamente a Roma e a Venezia. Si avvicinava la Guerra dei Trent’anni e il Pontefice intendeva estendere il predominio romano sugli altri Stati usando ogni possibile pretesto. Non si trattava propriamente di questioni religiose. Si intendeva piuttosto infiltrare nelle Istituzioni altrui nipoti e favoriti paracadutati, per i quali Paolo V divenne celebre nella storia. L’esportazione di burocrati a senso unico è sempre una tendenza radicata. Il Viceré di Napoli, il Duca di Savoia, le Repubbliche di Genova e Lucca accettarono. Non così Venezia!
Nell’aprile 1606 il Papa scomunicò dunque lo Stato Veneziano. In segno di obbedienza i Gesuiti abbandonarono la città, mentre la gente imprecava in “lingua veneta” (come informa l’intellettuale europeo Frà Paolo Sarpi), usando il noto invito con complemento di moto a luogo “Andè in ma£òra”.
Il clero veneto si schierò con la Repubblica e non con Roma, dopo che il Doge aveva proclamato che Venezia era perfino più cattolica di Roma, meritandosi peraltro la qualifica di “uomo senza timor di Dio”. I parroci continuarono regolarmente le loro funzioni nonostante le minacce curiali.- Dopo due anni l’interdetto vaticano fu ritirato.

Il recente libro di Gino Benzoni “Lo Stato marciano durante l’interdetto 1606 – 1607” (Ed. Minelliana, Rovigo) racconta quei tempi e quegli eventi.- Se ne consiglia vivamente la lettura per prendere finalmente coscienza che il gallo è spesso arrogante solo perché le galline gli danno troppa importanza.

Nerio De Carlo

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