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Scorciatoie e via maestra non portano allo stesso luogo

Gli errori dell’autonomia e i paradossi delle alleanze degli indipendentisti tradizionali

scorciatoieAccadono strane cose, in questa vigilia elettorale. L’altra sera a Telenuovo, gentilmente invitato da Mario Zwirner, e seduto in un simpatico consesso di rappresentanti di partiti tradizionali, è apparso sullo schermo Fabrizio Comencini, uno dei pionieri dell’indipendentismo veneto nell’ultimo scorcio del Novecento. Ora, Comencini si è dimostrato d’accordo sull’indipendenza del Veneto come unico rimedio al male italico di cui si discuteva quella sera,i salari più bassi del mondo occidentale secondo l’OCSE; uno dei tanti indicatori della miseria crescente di ITA, cui s’associa il desiderio, presto destinato a diventare necessità, avvertito da molti italiani, di un cambiamento radicale, non di governo, ma di Stato. Ora, anche esponenti del centro destra hanno concordato che il problema non è il Veneto, ma l’Italia. Quello per cui stupisco, però, è il fatto che alla fine della festa è venuto fuori che Comencini si è alleato, per questa tornata elettorale, con l’UDC. Ora, certamente non un partito che vuole l’indipendenza di una parte di Italia, Venetia o Sardegna, ma uno dei peggiori rappresentanti del centralismo dei buoni sentimenti, che ha candidato Emanuele Filiberto di Savoia al Parlamento Europeo. Ora, non ci pare che vi sia coerenza in questo. Non credo che le vergini dai candidi manti dell’UDC, la singolare tribù degli ùdici, pensi alla Venetia se non in termini di folclore: certamente alleatevi con noi, vi daremo qualche soldino in più per la sagra della polenta e osei, ma mettendovi anche a giorno del fatto che chi mangia troppa polenta corre il rischio della pellagra (sono uomini di vera cultura, hanno studiato nelle migliori università del Paese, mica come noi veneti, ignoranti contadini beceri).
Questo per quel che riguarda Comencini.
Ma lo stupore cresce nel vedere un movimento dichiaratamente indipendentista, come I Veneti, appassionatamente guidato da giovani, il sale di questa e di ogni altra terra, che appoggia nella tornata elettorale per le comunali gli “slegati” di Covi, che fanno baluginare nell’insensato termine di “autonomia” la speranza che le briglie del governo centrale concedano qualche briciola di autogoverno in più ai comuni, o perlomeno al Comune di Padova. Che conquista storica! I Veneti quindi hanno deciso di non appoggiare noi alle amministrative. E va bene. Ma occorre spiegare loro, ai giovani in buona fede e ai meno giovani forse di minor buona fede, una volta per tutte, che esiste una differenza fondamentale, logica prima che politica, tra autonomia, federalismo, e indipendenza.
L’autonomia è una concessione da parte del governo centrale. E’ un relativo scioglimento delle briglie, che rimangono però saldamente nelle mani del governo centrale stesso. Autonomia è un concetto che ha il proprio ben definito status nelle costituzioni di numerosi paesi al mondo, inclusa l’Italia e la Spagna, ad esempio. I Catalani sono ben lontani da esserne soddisfatti, ed anzi hanno ben compreso che essa non basta, non è quello che vogliono, è qualcosa di radicalmente differente dall’indipendenza. La Scozia gode di ampia autonomia, ovvero margini alla fine magrissimi di autogoverno, e non ne è affatto paga. Infatti nel 2010 vi avrà luogo il referendum per l’indipendenza, quel che il PNV auspica anche per il Veneto.
Il federalismo è un patto (per raggiungere determinati fini comuni) tra stati sovrani precedentemente sciolti da ogni vincolo l’uno con l’altro. E’ stato trasformato nella caricatura della caricatura di questo dalla Lega Nord, che dopo la morte di Miglio, avvenuta nel 2001, non ha più avuto menti pensati e scienziati della politica in grado di spiegare loro questo concetto fondamentale: per cui il federalismo è stato stravolto in mostruosità, anche linguistiche, come il “federalismo fiscale”. Che vuol dire semplicemente che parte delle tasse pagate da una regione dovranno rimanere all’interno della regione stessa, in percentuali peraltro basse. Insomma, una specie di accordo con il ladro ITA: lasciaci per pietà il 20% di quel che produciamo, “come è umano lei…”. Le regioni-Fantozzi legate da codesto “federalismo fiscale” che nulla ha di federalismo, una volta ottenuto questo sconto, dovranno dimostrare infinita gratitudine al ladro che risparmia loro una parte dei loro legittimi averi: e che si sentirà dunque legittimato moralmente a compiere le peggiori porcherie con quello che avrà estorto comunque. E Bossi e l’allegra banda bossotti esulteranno, “ce l’abbiamo fatta, ora siamo federali”.
Il PNV vuole l’indipendenza. Significa che tutte le tasse pagate dai cittadini della Venetia rimarranno nella Venetia: e saranno assai più basse, ovviamente, di quelle pagate ora. E’ così difficile capirlo? E’ così difficile crederci?
Ora, l’idea di fondo dell’indipendenza nulla ha a che fare né con l’autonomia né con il federalismo. Uno stato indipendente è qualcosa di del tutto diverso da una regione autonoma. Poi, lo stato indipendente potrà anche “federarsi” con qualche altro stato indipendente, ma nel caso della Venetia non ne vedo le ragioni: sarà già, forse, parte della UE, e della NATO. Basta e avanza, considerando che esistono stati europei ricchissimi, come Norvegia e Svizzera, che della UE non fanno parte.
Dal momento che la strada che il diritto nazionale ed internazionale indica per il raggiungimento dell’indipendenza non solo è perfettamente legale, ma è già stata praticata perfino a pochi chilometri da noi, in Montenegro, quali paure agitano questi gruppi, questi partiti, queste persone?
Attenzione: molti tra coloro che hanno fatto l’Italia, nel Risorgimento – e qui voglio scrivere Italia per intero e maiuscola, e Risorgimento maiuscolo, per rispetto per coloro che sono morti, e sono tanti, in perfetta buona fede per questo – hanno sofferto torture, esilio, fame, le baionette austriache. Certo, senza saperlo servivano le mire espansionistiche dei Savoia, abilissimi, ma credevano nella libertà e per essa morivano.
E noi, qui, ora, con il diritto internazionale che ci appoggia, e perfino quello di ITA (fino a tre anni fa sarei finito in galera per le cose che sto scrivendo da tempo, e certo non solo io), di cosa abbiamo paura? Anzi, voi dei I Veneti, voi della Liga, eccetera, di cosa avete paura?
Nella storia coloro che sono morti per fare l’Italia sono ricordati come patrioti. Attenzione a non dover essere ricordati come “caregari”. Anche se questo pericolo non lo correte. I caregari non vengono ricordati, rimane solo il sostantivo e ad esso s’associa scherno e commiserazione.

Paolo L. Bernardini

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