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Indipendenza e sussidiarietà: Gavardo e il resto della Venetia libera

Relazione del presidente del PNV Paolo Bernardini per la presentazione della lista “Gavardo libera e indipendente”, che correrà alle elezioni comunali di Gavardo (Brescia).
La presentazione avverrà stasera 
martedì 2 giugno, presso la sala conferenza dell’auditorium “Cecilia Zane” in Via Quarena 8 a Gavardo a partire dalle ore 20.45.
Tra gli altri interverranno come relatori, oltre al prof. Paolo Bernardini, il candidato Sindaco Marco Podavini, l’avv. Vittorio Selmo e Claudio Ghiotto, coordinatore di Vicenza del PNV.
Il 6 e 7 giugno, alle elezioni comunali di Gavardo, vota per l’indipendenza, vota per la libertà, vota “Gavardo libera e indipendente”!

 

gavardoSono particolarmente lieto di parlare questa sera a Gavardo. Non solo per onorare la memoria di Antonio Albani, il patriota della Serenissima fucilato dai francesi nel 1797, quando Gavardo, mentre Brescia si era data ai rivoluzionari, resistette sola o quasi alla marea nera o rossa giacobina, ma anche per cercare, come sempre, di congiungere il passato e il presente.

E così, prima di dedicarmi al presente, vorrei rendere un altro piccolo omaggio al passato. Ogni luogo, anche il più piccolo, della Serenissima, racchiude storie e vicende mirabili, che si narrano in pietre e figure umane, nella memoria che lo storico prima di tutto ha l’obbligo di mantenere viva, mentre troppi storici italiani e non solo italiani hanno saputo esercitare l’arte dell’oblio, prima di tutto ai danni della Serenissima.

E allora si vada nei dintorni di Gavardo, a Cascina Marsina; qui visse uno dei maggiori agronomi del Cinquecento, Camillo Tarello, che pubblicherà a Venezia nel 1567 quei Ricordi di agricoltura che lo renderanno celebre in tutta Europa. Uno dei testi fondamentali dell’agronomia rinascimentale, prima della Villa di Della Porta, ad esempio, e di numerosi altri.

Dal passato (dove mi sono soffermato poco, per una volta) al presente.

È fondamentale, e sarà fondamentale, nella Venetia libera, l’amministrazione di un comune anche piccolo, anche minuscolo. Poiché infatti uno dei principi primi che accompagna quello dell’indipendenza, che è soprattutto una mèta politica, ma che come concetto non necessariamente racchiude pratiche politiche precise, è quello della sussidiarietà.

Ora, per capirlo in tutti i suoi aspetti non bastano volumi, un bel saggio del mio collega Realino Marra ne illustra bene le problematiche (sui Materiali per una storia della cultura giuridica del 2004) ma si può comprendere soprattutto come un attacco ad ogni forma di centralismo statalistico, e relativa privazione/delegittimazione della scelta morale dell’individuo. Il legame tra sussidiarietà e persona viene sviluppato bene (da una linea assai lunga che parte da Aristotele e passata dalla Scolastica prima e seconda, fino ad Althusius e al Settecento) dalla cosiddetta dottrina sociale della Chiesa.

E questo sia detto ribadendo l’assoluta neutralità del PNV e della futura Venetia libera nei confronti della religione – sul modello americano, mi sento di dire – e solo per rendere il dovuto merito a chi ha sviluppato un concetto presente come principio fondativo dell’UE, e presente anche, ma del tutto svilito da ITA e di fatto mai praticato, nella Costituzione del 1948 e in numerose leggi successive della repubblica.

A partire dalla Rerum novarum di Leone XIII, per giungere alla Quadragesimo anno di Pio XI, la prima redatta in un momento di oppressione notevolissima da parte dello Stato sabaudo nei confronti della Chiesa, la seconda scritta in pieno fascismo, anche se il concordato era già avvenuto e la Chiesa – ma non gli italiani, né gli europei, né l’umanità tutta – si trovava in una posizione assai migliore rispetto al 1873. Era infatti il tempo delle funeste dittature, che andavano direttamente a colpire, attraverso il centralismo dispotico e violento, proprio il cuore di tale principio (cito dall’enciclica):

“Come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori ed inferiori comunità si può fare […] perché è l’oggetto naturale di qualsiasi intervento nella società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium) le membra del corpo sociale, non già di distruggerle e assorbirle.“

Sono parole, queste, su cui riflettere profondamente, indipendentemente dal fatto che provengano da un papa.
Ora, ITA ha agito, dal 1861 fino ad oggi, violando palesemente, costantemente, e sempre di più, questo sacrosanto principio.
La sussidiarietà implica che le decisioni, la maggior parte delle decisioni, se non possono essere prese dall’individuo, siano prese da una collettività il più possibile ristretta. Era un principio proprio della Serenissima, almeno fino ad un certo punto e per gran parte della propria storia. Ogni comunità all’interno della Serenissima godeva di un minore o maggior grado di autogoverno, si pensi al Cadore, si pensi all’altopiano di Asiago, e via così.
Per questo nella Venetia libera le comunità piccole, i comuni, godranno di un altissimo grado di autogoverno.

Tanto più una comunità è piccola, quanto più essa si avvicina ad una forma privata e pattizia di governo, e perde le caratteristiche di Stato, impersonali, spesso stupide, assai spesso violente e prive di rispetto proprio per l’individuo, poiché formate da collettività impersonali, che trattano gli individui stessi come strumenti da cui attingere, impersonalmente, potere e ricchezza (che poi sono però personali, anzi personalissimi). Tanto più gli Stati sono grandi quanto più questa logica perversa trionfa.

Un esempio di rispetto del principio di sussidiarietà è in un paese solo in parte cattolico, la Svizzera, ma questo non significa che la Venetia libera avrà un sistema cantonale.

I modelli politici esistenti possono funzionare solo come base, ma, come nel mondo libero delle scienze, le basi sono riferimenti per sviluppi e miglioramenti per definizione ancora inediti. Sulla base delle strutture politiche della Serenissima, ma soprattutto sulla base delle esigenze del presente, sarà costruita la struttura istituzionale ed il governo, assolutamente decentrato, della Venetia libera.

Per questo è importante che siano presenti liste indipendentiste dove è possibile. Perché alimenteranno la continuità ed insieme la rottura con il regime precedente. Continuità, perché il trapasso da una forma all’altra di governo non potrà essere immediato, pena il caos; rottura, perché già nel concetto di indipendenza è presente la volontà di chiudere la pagina della struttura presente dell’amministrazione locale: comune, provincia, regione, Stato. Ad altri nomi, nella Venetia libera, corrisponderanno altre cose.

Concludo dunque con un grande augurio a Marco Podavini, cui il TAR ha dato ragione, e cui spero daranno ragione, votandolo, i cittadini di Gavardo. Sperando che il nuovo reperto tipo “ursus spelaeus” (l’orso delle caverne!) che adornerà il Museo Archeologico di Gavardo – ce n’è uno, che spero di visitare presto — sia quel sistema di governo antico e paleozoico, assai più del povero orso delle spelonche, che si chiama ITALIA.

Nel nome del principio di sussidiarietà, che esso nega, e del sogno, realizzabile, dell’indipendenza, che esso ovviamente avversa. Ma a cui noi guardiamo come l’unica mèta.

Vi ringrazio per l’attenzione.

Paolo Bernardini
Presidente del Partito Nasional Veneto

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