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Leone di San Marco un simbolo laico, religioso, ma non politico

folia-de-tilioQuale simbolo può essere il giusto rappresentante di tutta la Venetia e le sue genti ? La risposta più ovvia sembrerebbe essere il mitico (forse errato) simbolo dell’evangelista Marco; il leone in moleca o andante ?

Tuttavia, una serie di riflessione si impongono su un simbolo tanto amato, auspicato e abusato. Iniziamo col dire che ricercare il giusto simbolo di un nazionalismo, deve essere scevro da pre- concetti storici, laici e religiosi. In altre parole un simbolo partitico deve essere in primis neutro, non deve sfruttare ciò che storicamente hanno costituito e costruito altri nella storia.

Ovviamente è fuor di discussione che il simbolo debba avere un significato appropriato per la Venetia intera, ma deve essere nel suo intento primario, qualcosa di naturale, puro e originario oltre che originale. Lasciando perdere il significato del Leone di San Marco in merito a colori e rappresentazioni ( e motivi delle medesime), il quesito principale è chi ha imposto nello scenario passato la rappresentazione dell’evangelista Marco come un leone alato. Secondo quanto riportato dall‘agiografia, la rappresentazione di san Marco in forma di leone alato è una tipica iconografia cristiana derivante dalle visioni profetiche contenute nel libro dell’Apocalisse di san Giovanni. Il leone è infatti uno dei quattro esseri viventi descritti nel libro come posto attorno al trono dell’Onnipotente ed intenti a cantarne le lodi, poi scelti come simboli dei quattro evangelisti. Il leone è associato a Marco in funzione delle parole con le quali inizia il suo Vangelo in riferimento a san Giovanni Battista:

« Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.Come è scritto nel profeta Isaia: “ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada.Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. »

(Vangelo secondo Marco 1,1-3)

Da quanto sopra citato, non si desume certo che l’evangelista Marco poteva essere rappresentato come un leone alato, anzi forse è la tradizione medesima modificata nel corso dei secoli che ha interpretato San Marco (evangelista e poi santo patrono di Venezia) come un leone. A ben guardare i padri della chiesa e i primi interpreti delle sacre scritture vedevano nelle parole dell’evangelista Marco, non un leone ma un aquila.

I commentatori dell’Apocalisse rappresentarono i quattro evangelisti nei quattro esseri viventi di Ezechiele e dell’Apocalisse. Il primo fu Ireneo, vescovo di Lione in Gallia (attuale Francia, 180 d.C. circa), originario dell’Asia Minore. Contro la proliferazione dei vangeli apocrifi egli difese con energia il numero quaternario dei vangeli prendendo argomento sia dai quattro punti cardinali (nella fede quattro sono i vangeli, come nella natura quattro sono i punti cardinali), e appunto dai quattro esseri viventi dell’Apocalisse.

L’applicazione dei quattro simboli in Ireneo non è esattamente quella che per noi è tradizionale. Come per noi anche per Ireneo l’uomo è Matteo e il toro è Luca, ma per Ireneo l’aquila è simbolo di Marco e il leone è simbolo di Giovanni.Le stesse corrispondenze si ritrovano in Vittorino, vescovo dell’antica Petovium, oggi Ptuj in Slovenia, morto martire sotto Diocleziano nel 303 d.C. Originario anch’egli dell’oriente, scrisse un commentario (il più antico giunto a noi) all’Apocalisse dove appunto applicava i quattro simboli agli evangelisti, seguendo da vicino Ireneo. Ci fu un certo Anatolio che, venuto a conoscenza di quel commentario ed essendo perplesso su certe interpretazioni, lo inviò a S.Girolamo, grande conoscitore delle Sacre Scritture, per averne un parere. Come Anatolio, anche Girolamo trovò qualcosa che nel commentario di Vittorino non era condivisibile. Ne fece una revisione, omettendo, correggendo, e migliorando anche la lingua latina di Vittorino che lasciava a desiderare. Ebbene tra le rielaborazioni di San Girolamo ci fu anche una diversa applicazione dei quattro esseri viventi dell’Apocalisse ai quattro evangelisti. Girolamo ribadì poi la sua nuova interpretazione sia nel commento a Ezechiele, sia nel commento a Matteo, e la sua autorevolezza la impose su tutte le altre.

Quello che è interessante è la motivazione degli abbinamenti, i quali sia in Vittorino che in Girolamo sono fatti a partire dalla pagina iniziale dei singoli vangeli. La motivazione di Girolamo era la più convincente e anche per questo si è imposta e stabilizzata nella tradizione. Matteo è raffigurato dall’uomo perché nella prima pagina riporta la genealogia di Gesù, e dunque parla della sua origine umana. Marco invece è il leone perché nella prima pagina presenta il Battista che, come un leone, grida la sua testimonianza nel deserto. Luca è rappresentato dal toro perché introduce come primo personaggio del suo racconto Zaccaria, il padre del Battista, il quale, essendo sacerdote del tempio, come tale offriva sacrifici di tori. Giovanni infine è l’aquila, per il volo sublime dell’inno al Verbo con cui si apre il suo sublime vangelo. Non si hanno notizie certe circa la data di adozione del leone come simbolo della Repubblica: alcuni studiosi ipotizzano che la figura risalga al XII secolo e che sia stato Jacopo da Varazze ad indurre la Serenissima ad adottarlo come simbolo di stato, altri invece affermano che la sua comparsa sia più tarda, verso la metà del XIV secolo.

Per quanto riguarda San Girolamo o Gerolamo (in veneto), padre della chiesa, esistono in Venezia una chiesa e alcune rappresentazioni del medesimo. Vittore Carpaccio, tra il 1502 al 1507 compie opere per la Confraternita dalmata della Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni tra le quali compare il ciclo di S. Gerolamo. Deve inoltre essere sottolineato che la tradizione agiografica rappresenta San Girolamo con un leone. Secondo tale tradizione, il Santo aiutò a togliere una spina dalla zampa di un leone che lo rendeva sofferente e dolorante.

Sembra inoltre, quasi una casualità o segno del destino che la patria del Friuli storicamente assoggettata al dominino della Serenissima, usi come simbolo regionale attuale, un’aquila. Che oltre ad essere un simbolo imperiale, può essere benissimo ricondotta a San Marco.

Quale simbolo per il nazionalismo veneto e quindi del PNV, l’aquila o il leone ? Nessuno dei due !!

Il nazionalismo veneto ed il suo partito PNV, consapevoli della sacralità religiosa e laica non concepibile con gli abusi e usi strettamente politici che il simbolo di San Marco e la sua bandiera hanno subito in questi anni; ha deciso memori e profondi conoscitori della storia della nostra gloriosa Serenissima nel pieno rispetto religioso e conforme alle disposizione europee per una piena applicazione delle regole comunitarie in materia di laicità dello stato (come fu precursore la Serenissima a suo tempo) di rigettare l’uso spregiudicato del caro lèon di San Marco in favore di un nuovo simbolo antico e politico che raccolga le genti venete all’insegna del nazionalismo veneto.

Così come avviene per altre realtà nazionalistiche europee, le sacre bandiere vengono utilizzate solo a scopo culturale, di conseguenza il PNV osservando anche i simboli dei partiti nazionalisti europei, ha visto nella foglia del tiglio albero sacro alla dea Reitia (dea dei Veneti, con il suo culto nell’antica città di Ateste), l’unità originaria del loro essere popolo e nazione (paleo veneta), prima ancora che nel panorama storico e giuridico del veneto si imponesse la religione cristiana e la medesima Repubblica Serenissima di Venezia.

N.H. Alessio Bettio

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