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Tensioni Brasile-Italia: quello che i giornali italiani non dicono

Tensione tra Brasile e Italia sulla estradizione di Battisti: quello che i giornali italiani non raccontano

E’ noto a molti il fatto del diniego da parte dell’ex presidente del Brasile Luis Inacio Lula da Silva [ancora tecnicamente in carica fino all’insediamento della nuova eletta presidente, Dilma Roussef] di estradare all’Italia il fuggitivo Cesare Battisti, accusato dalla giustizia italiana di omicidi commessi negli anni ’70 e condannato “in absentia” (senza essere presente al processo) al carcere a vita (ergastolo).
Nei giornali italiani sembra che la faccenda sia scontata, e citando vaghe ragioni di convenienza politica da parte brasiliana, tutto finisca lì. Ma c’è dell’altro che non viene raccontato.
Anche se Cesare Battisti, che negli anni settanta militava nel gruppo di estrema sinistra “Proletari Armati per il Comunismo”, è accusato di omicidi dalla giustizia italiana; lui ha reiteratamente dichiarato di essere innocente. Lo ha fatto anche nella recente pubblicazione di un suo libro “Ma Cavale” (La mia fuga) in cui dice di avere si partecipato nel gruppo armato con intenti sovversivi, e di avere anche portato armi, ma di non avere mai sparato ad alcuno. Cesare Battisti, dopo avere vissuto per anni in Francia, è volato in Brasile nel 2004 quando il governo francese aveva mutato la sua tacita politica di rifiuto di estradare accusati di atti “terroristici” se gli accusati si appellavano a ragioni di persecuzione politica. Il Brazil ha un trattato con l’Italia che prevede la mancata estradizione in caso il soggetto sia passibile di persecuzione per ragioni razziali, di inclinazione sessuale, religiosa e di opinione politica.
E Cesare Battisti ha dichiarato proprio questo, che temeva la persecuzione per ragioni politiche.
Ragioni identiche sia per Francia che per Brasile, motivazioni che derivano dall’eredità fascista (e prefascista) dell’Italia che perseguiva coloro che si opponevano politicamente al regime, motivazioni che a distanza di 100 anni sono ancora presenti in Brasile, e che la Francia ha messo sotto il tappeto solo per questioni di convivenza in EU.
Motivazioni che il presidente Lula ha recepito e usato per firmare un decreto di asilo politico a Cesare Battisti, decreto che dovrà essere esaminato dalla Corte Suprema brasiliana, ma che fino alla sua pronuncia (che potrebbe essere confermativa) resta a tutti gli effetti valido.

Ma le reali ragioni sono effettivamente di natura politica ed economica. Certo, se ne è accennato su qualche giornale italiano, ma è utile approfondire la cosa per capire come stanno realmente le cose, e metterle nella giusta prospettiva.

Sin dal suo insediamento Luis Inacio Lula da Silva spinse per fare del Brasile un soggetto economico sempre più importante nella scena internazionale. Uno dei suoi principali obiettivi era quello di entrare nel G20 e di rendere obsoleto il G8. In una sua dichiarazione al G20 del 2008 (epoca in cui scoppiò la drammatica crisi finanziaria già manifestatasi con una breve crisi nel Luglio 2007), Lula dichiarò che questa volta sono i paesi ricchi a dover sistemare prima i loro problemi finanziari, e che il G8 è superato, e non è più tanto rilevante nella economia globalizzata, e deve essere sostituito dal G20. Assieme alla Spagna, l’Italia è l’altro stato che oppone resistenze al Brasile affinché possa pienamente qualificarsi per un G8 allargato.
Per questa ragione nel Novembre del 2008 il presidente Lula fece una visita in Europa, iniziando proprio dall’Italia, per poi visitare la Francia, dove fu accolto da Sarchozy in persona con tutti gli onori, e nel contempo incassò l’accettazione da parte del presitende USA Mr. Obama Barrak di venire a visitare il Brasile “quanto prima possibile”. Lula aveva speso questa sua visita anche come carta importante da giocare e tale l’aveva presentata al suo paese, al suo elettorato. Erano grandi quindi le speranze che nutriva con questa missione diplomatica.

Come venne accolto il presidente Luis Inacio Lula da Silva il 10 Novembre 2008 quando atterrò all’aeroporto di Ciampino, Roma, Italia? Da un’anonima auto blu, entrata in pista, discese il “ministro delle pari opportunità” signora Mara Carfagna. Dovette farsi due giorni di anticamera per poter parlare mezz’ora con il signor Silvio Berlusconi, allora neo eletto primo ministro del governo italiano.
E di questo avvenne grande eco nei giornali brasiliani che titolarono come un fallimentare e disonorevole la visita fatta in Italia. E la differenza fu ancor più evidente quando poi atterrò a Parigi.
Insomma, l’Italia aveva trattato a pesci in faccia il presidente Lula e quindi il Brasile.
Fu anche per questo che Lula non firmò alcun accordo economico con l’Italia durante la sua visita, come forma di ritorsione.

Nei giornali italiani si riempono la bocca nel dire che l’Italia darebbe lavoro al Brasile perché là vi è impiantata la Fiat, ma la realtà è di nuovo ben diversa.
Prima di tutto già con le dichiarazioni del ministro Tremonti rilasciate proprio nei primi mesi del neo governo Berlusconi la Fiat veniva sganciata – si disse che la Fiat aveva vissuto per anni di sussidi statali – . Questo è sicuramente vero, ma è anche vero che è sempre stato uno scambio simbiotico tra politici e Fiat, una mano lava l’altra, e forse si voleva stilettare l’ex presidente di Fiat Luca Cordero di Montezemolo.
Ma il fatto si compie con l’entrata del suo nuovo presidente executivo, messer Marchionne, che ha condotto la Fiat fuori dalle partite del governo, facendone una vera azienda privata, e in questo senso deve fare pensare anche il recente rifiuto di sottoscrivere il rinnovo di Fiat alla Confindustria.
Fiat dunque è si diventata la prima casa automobilistica per vendite in Brasile nel 2010, ma non è più l’azienda di stato italiana.
La situazione reale è che è l’Italia con le pezze al culo, non il Brasile. Il Brasile è una economia in crescita, con enormi risorse naturali di ogni genere, petrolio, oro, pietre preziose, argento, rame, ferro, carbone, alcool, risorse idriche più grandi del mondo, una superficie enorme, una popolazione di 200 milioni di abitanti, per non parlare del potenziale agroalimentare. Finanziariamente ha basso debito pubblico, e una finanza pulita che non ha giocato alla slot machine dei compagni di Madoff. L’unico serio problema è l’inflazione che potrebbe salire al 6% a causa della notevole espansione che l’economia brasiliana può avere (e stà dimostrando).

Il rifiuto di estradare Cesare Battisti quindi si inquadra in questo intreccio, dove l’appiglio che fu messo a tutela di un paese inaffidabile e prono a perseguire chi si opponeva al suo governo, è stato sfruttato e non casualmente per punire un governo che ha insultato le aspirazioni di Lula e indirettamente del Brasile. E l’orgoglio brasiliano non può evitare di identificarsi con il suo presidente.
L’Italia, con il suo governo improntato all’arroganza e alla superficialità, preoccupato più dei suoi intrighi di palazzo, ha giocato male le sue carte ed ora ne paga le conseguenze.

Claudio G.

Update 2/Jan/2011: La dichiarazione di oggi del neo ministro della giustizia brasiliano José Eduardo Cardozo, che conferma la leggittimità e correttezza della decisione presa dall’ex presidente Lula, tende a confermare tutto il quadro riportato in questo articolo che, avendo letto alcuni commenti su altri siti, ritengo utile completare con qualche nota a margine.

In questo articolo avevo cercato di mettere assieme un collage di fatti, prima di tutto, che nulla hanno a che vedere con ipotesi “da cospiratori” (ho letto che qualcuno aveva tacciato questo articolo di “cospirazionismo da centro sociale”).  In realtà è un fatto che Cesare Battisti sia accusato di omicidi, è un fatto che egli sia stato condannato in absentia,  la sua dichiarazione di innocenza, ed è un fatto che egli sia fuggito dalla Francia dopo un aggiustamento della sua politica di asilo per motivi di convenienza intraeuropea poiché l’Italia aveva fatto pressioni in sede EU proprio su questo tema quando fu discusso il mandato di arresto europeo,  per intenderci quello grazie al quale  Julian Assange è stato arrestato in UK su mandato svedese. Sono fatti i trattati di estradizione sia del Brasile che della Francia, ed in particolare quello brasiliano come citato. Sono fatti l’accoglienza da pezzente ricevuta da Luis Inacio Lula da Silva nel Novembre 2008 in Italia, essendo stato accolto dall’ultima ruota del carro dei ministri : un capo di stato in visita ufficiale quanto meno viene accolto da un ministro importante (il ministro degli esteri, al limite quello dell’industria), non da un ministro che ha una funzione di maquillage funzionale alla politica interna del paese, questo è un insulto alla sua persona e al suo paese! Ed è infine un fatto la questione economica e l’importanza di entrare che Lula e il Brasile davano al G20. Tutti fatti causali tra loro con l’evento citato nel titolo, ed è il nesso di causa, gli anelli che congiungono i fatti, quello che ho riportato.

Il concetto di tutta questa storia è stato che è prima di tutto una questione diplomatica ed anche economica. Cesare Battisti è la pedina che è stata usata per questo scopo, ed i trattati di estradizione sono lo strumento che molto convenientemente è stato usato per appigliarsi. Dire semplicemente che è una scusa del Brasile sarebbe stato dire quello che dicono i giornali italiani, cioè omettere il contesto che ha motivato l’esistenza di quegli appigli. Capire che Battisti sarebbe un perseguitato perché così lui ha dichiarato alle autorità brasiliane, significa non avere capito che la persecuzione per cui esistono quelle limitazioni nei trattati di estradizione di Francia e Brasile (e credo anche di altri paesi del mondo, ma dovrei verificare) è riferita a coloro che per esempio si opponevano al regime fascista, o agli ebrei che si rifugiavano, per citare due esempi, e che tali principi una volta scritti valgono per chiunque vi si appelli, a prescindere che costui sia accusato o meno di omicidio (casomai il processo potrebbe essere condotto e l’eventuale pena scontata in Brasile, in base al diritto brasiliano). Il contesto causale è stato quello che i giornali brasiliani all’epoca avevano bollato come un fallimento: l’impresa di Lula di portare l’Italia dalla sua parte, e lo status economico del paese. Chi si ostina a credere che sia l’Italia ad avere portato lavoro ai brasiliani con la Fiat, ancora una volta non ha le lenti per capire la politica internazionale. La Fiat ci ha straguadagnato ad avere i propri stabilimenti in Brasile, perché così facendo ha evitato i pesantissimi dazi di importazione, d’altra parte facendo quello che già avevano fatto altre case automobilistiche, per poter vendere ad un mercato molto importante, che ha permesso a Fiat di diventare il top seller del 2010 nel mercato brasiliano.

Mi auguro che con questa nota esplicativa si tacitino certe interpretazioni quantomeno bizzarre di questo articolo da parte di taluni, forse troppo avezzi ad ascoltare le voci rassicuranti dei TG italiani.

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