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Baningi e Naningi

Tutto comincia in un villaggio di montanari Baningi, questi non avevano mai visto uno straniero prima, se non alla tv. Siccome la gente di questo villaggio faceva parte di un gruppo di villaggi che insieme formavano una metropoli, sviluppata, allora nel pensiero comune si immaginava la gente di questi villaggi essere diversa da quella di un villaggio nella foresta tropicale, dove lo sviluppo era rimasto al livello di arco e frecce.

Ma i rapporti umani cambiano? La percezione e la sensibilità cambiano perché si possiede una tv e un computer? Si, certo, forse una maggiore consapevolezza esiste, ma le radici dell’essere umano  cambieranno per effetto di questi strumenti e questo sviluppo?
Se guardiamo bene tutti si aggregano in comunità, tutti guardano il vicino, tutti si misurano e in tutte le società (o comunità che dir si voglia) del mondo si formano livelli di persone che guidano e persone aggregate. Dappertutto il più forte comanda, nelle società complesse è forte chi ha intelligenza, in quelle meno sviluppate la forza è quella fisica.

A ben guardare allora le similitudini sono molte, Baningi o Naningi che siano, entrambi sono membri di tribù, dove le usanze tribali si tramandano tra generazioni, come la lingua, le preferenze alimentari, le danze, le modalità per corteggiare, di pregare, fino al morire.

Accadde che nei villaggi di Naningi, molto affollati perché i Naningi facevano molti figli, alcuni di loro decidessero di emigrare nei paesi Baningi.
Il primo Naningi che arrivò nel villaggio Baningi, venne accolto con calore e con curiosità. I Baningi sapevano dell’esistenza dei Naningi perché li avevano visti su documentari e notiziari in TV. Su Internet potevano scoprire dove vivevano, anche se ovviamente per scarso interesse veniva dato uno sguardo superficiale, specialmente quando alcuni Baningi decidevano di scegliere i luoghi nativi dei Naningi per visitarli per turismo.

Il turismo, mai parola ha significato più calzante per rappresentare la superficialità di un tour, un giro, dove si sorvola e non si vive l’esperienza.

Così il Naningi nuovo arrivato nel villaggio dei Baningi scaturiva interesse e accoglienza, di cui i Baningi, da bravi montanari, avevano ricevuto come codice di comportamento ereditato dai trisavoli-dei-bisnonni-dei-trisavoli, perché hey, mica è comune trovare un’altro essere umano tra le montagne.
Anche i Naningi avevano simili usanze, perché hey, mica è facile trovare un’altro essere umano in una savana arsa dal sole. Così accadeva che i turisti Baningi venissero ben accolti nei paesi dei Naningi, e poi portavano ricchezza!

D’improvviso l’arrivo di Naningi divenne impetuoso ed apparentemente inarrestabile. Il villaggio dei Baningi sembrava invaso, ormai il 10% della popolazione era Naningi e siccome i Naningi avevano la LORO cultura, le LORO usanze, essi preferivano condividerle con altri Naningi che le comprendevano ed evitavano i Baningi, i quali a loro volta evitavano i Naningi per contrasti culturali e tribali analoghi.
La cosa inziò a creare imbarazzo e frizioni ma il PB, il partito dei benpensanti, aveva fatto una grossa campagna antidiscrminazione poiché, sostenevano, tutti gli uomini sono uguali.
Era difficile contrastare questa dichiarazione, perché a rigore è incontestabilmente vera. Gli oppositori erano in difficoltà e rantolavano dichiarazioni brute per contrastare quello che definivano una minaccia per la loro comunità.
Ma in effetti la minoranza Naningia non era una reale minaccia, non ancora almeno. Certo, creava qualche problema perché la minore conoscenza portava i Naningi immigrati ai margini della società dalla quale essi stessi tendevano pure ad escludersi. Alcuni preferivano la via comoda di fare azioni considerate dalle leggi dei Baningi illegali, creando l’idea che i Naningi fossero portatori di criminalità. Ed in effetti le statistiche mostravano che i Naningi erano la maggioranza dei criminali incarcerati in relazione al numero di immigrati totale, che peraltro era poco chiaro visto che molti Naningi arrivavano evitando di registrarsi e sfuggendo ai controlli, ragione in più per emarginarsi e indurre questi Naningi a mendicare e sostenersi con espedienti discutibili.

La sitazione era diventata difficile, ma la tensione salì quando un gruppo di Naningi chiese ed ottenne di costruire una vistosa colonna, simbolo della loro religione, nella periferia del villaggio Baningi. Il grado culturale dei Naningi infatti non era adeguato a comprendere che le loro azioni collidevano con la percezione di legame sociale che la comunità dei Baningi aveva e che si radicava nei secoli. Come quella che nei villaggi Naningi vigeva, d’altra parte e come è naturale che sia. Ma anche i Baningi non erano in grado di elaborare che in fondo anche loro erano una tribù, e che di quelle esigenze tribali avevano bisogno per sostenere la loro stessa esistenza tessuta nella società in cui ogni individuo Baningi trova nella sua comunità, come del resto lo stesso accadeva nelle comunità di Naningi.

Il disagio c’era ma il PB, il partito dei benpensati, si accapigliava furiosamente nel voler negare l’evidenza, ed invocare l’universalità dei diritti dell’uomo, una cosa che con il problema non centrava nulla, perché il problema non erano i diritti dell’uomo in sé ma i diritti della comunità degli uomini, una cosa ancora nebulosa e poco inquadrata.
Sottacere un problema serve solo ad approfondirlo, e così accadde che un gruppo di Baningi si aggregasse in una associazione che proclamava senza mezzi termini l’espulsione di tutti i Naningi, il rafforzamento delle barriere e dei controlli, e misure draconiane contro ogni misfatto commesso da un Naningi. Misure non adottate nei fatti, che acuivano la visione cupa dei sostenitori di questo gruppo che guardava con odio i Naningi immigrati.

Il flusso di Naningi non si arrestava, ora erano già il 20% della popolazione, e il loro tasso di natalità (a dispetto di quello dei Baningi) era superiore di 1/3, per cui si calcolava che nel giro di una ventina d’anni avrebbero raggiunto la metà della popolazione Baningi autoctona.
Questo spinse il gruppo a diventare il partito nazionalista Baningio, o nazionalban, e presto iniiziò ad alzare il tono. Chi non aveva le usanze Baninge era contro il popolo Baningio, e per questo si approfondirono le caratterialità specifiche delle usanze baninge, in forme di integralismo religioso, ed esaltando caratteri che pure non erano parte delle usanze ma sono specifici della integrità della popolazione, stigmatizzando ad esempio gli omosessuali, e tutto quello che appariva difforme dal modello Baningio, che come ogni modello è perfetto nella sua limitatezza. Anche chi si metteva diverso rispetto alla massa veniva stigmatizzato.

Arrivarono le elezioni, mentre una nuova ondata di Naningi immigrava nei villaggi Baningi. Non poteva esserci momento migliore affinché il partito nazionalban potesse vincere le elezioni.
Le misure vennero subito prese. Sommariamente vennero radunati i Naningi che giravano per le strade e stipati in carri e deportati. Poi venne la volta dei senza lavoro. Un membro del partito nazionalban più focoso degli altri un giorno tuonò contro la festa degli omosessuali, che per parte loro ostentavano volgarmente la loro sessualità commettendo lo stesso errore che i Naningi commisero nel costruire la grande Colonna della loro religione.
Si ebbe così notizia che degli omosessuali erano stati picchiati nella notte, ed una loro automobile data alle fiamme. La paura serpeggiava perché ora nelle scuole era stato deciso che occorreva adeguarsi ad uno schema e chi non lo faceva veniva espulso. Alcuni ragazzi considerati diversi venivano presi a calci e pugni da compagni, mentre si organizzavano le squadre per la salute dei Baningi.
Un nuovo decreto stabilì l’abbattimento della grande Colonna dei Naningi. La cosa creò malumore e i Naningi, ormai forti del loro numero, si organizzarono per una protesta.
La cosa non fu indolore perché la protesta ingaggiò una controprotesta, e nacquero tafferugli con feriti da entrambe le parti. Tuttavia questo rappresentava il casus belli ricercato dai dirigenti del partito nazionalban. I feriti Baningi venivano mostrati in TV e drammatizzato il conflitto, mostrando i danni, le vetrine infrante, le auto danneggiate, e le immagini di Naningi con sassi in mano.
La legge che stabiliva il sequestro dei beni dei Naningi ottenne il 67% dei voti a favore. Un successo inatteso per il partito nazionalban. Molti Naningi ora ridotti alla fame si diedero al piccolo furto, visto che le attività di espediente erano state bandite, e con questo si dava il pretesto per implementare le espulsioni di Naningi.
Un giorno un professore universitario venne trovato impiccato.
Aveva scritto un documento in cui sosteneva che il partito nazionalban non aveva diritto di fare quello che era stato fatto, che era contro i diritti umani, e che avrebbe fatto appello alle Nazioni Unite. Il professore non aveva notato quando postò il suo articolo sul suo blog, che a causa della eccessiva lunghezza del suo testo, l’ultima riga era stata rimossa dal sistema. In quella riga c’era scritto:
“Se di tutta questa disgrazia oggi accusiamo chi si scaglia contro gli immigrati e chiunque sia diverso, non dimentichiamo che dobbiamo anche ringraziare coloro che un tempo avevano avuto la possibilità di evitare tutto questo, e insistettero nel non voler vedere ostinatamente l’evidenza che era di fronte ai loro occhi.”

Claudio G.

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