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Mani in alto

Dico subito che in ogni assemblea dei soci, in ogni manifestazione, in ogni evento di Veneto Stato in cui vedrò tre dita alzate, io, a mia volta alzerò entrambe le braccia, in segno di disapprovazione e dissociazione. Ora vi spiegherò perché.
Il simbolo delle tre dita è variamente interpretabile e quindi indubbiamente equivoco. Pochi all’interno di VS sanno qual è il suo reale significato: forse nemmeno coloro che per primi lo hanno introdotto. Tanti altri poi si sono aggiunti, per emulazione, ma inconsapevoli di cosa quel simbolo stesse a rappresentare. E’ prova di ciò, il fatto che non esista ad oggi una interpretazione, per così dire, autentica di quel gesto. Vari sono stati i maldestri tentativi di dare ad esso un significato accettabile. Ultimamente và per la maggiore questo. E’ il gesto che le reclute della guardia svizzera compiono, giurando fedeltà al papa, fino al sacrificio estremo. Ora che un partito indipendentista faccia proprio il simbolo di fedeltà al Sommo Pontefice, francamente, non riesco a capire che utilità possa avere.
Altri significati che si son visti: è segno benedicente. Rappresenta Dio uno e trino. Per altri ancora sta a significare Dio, patria e famiglia etc etc. Beh, allora? Che problema c’è, si chiederanno alcuni di voi.
Il problema esiste ed è macroscopico.
Vi sono certi gesti che possono essere intepretati in molti modi, a seconda dei luoghi e del momento storico in cui ci si trova. Il famoso saluto romano, in epoca imperiale era sicuramente segno gradito. Mostrava la mano aperta e ben in alto. Stava a significare: “Guarda, non ho nessun arma in mano. Vengo in pace.”
E ancor oggi ci si saluta sorridenti con la mano aperta, magari agitandola e con il braccio alzato, no?
Eppure, se quello stesso gesto lo facciamo con il braccio teso e fermo, magari ben immobili in atteggiamento guerresco, a grugno duro, con il petto in fuori, assume ben altri e più tetri significati.
Stesso discorso per quanto riguarda quel controverso segno a tre dita.
Il fatto che rappresentino la SS Trinità per un ortodosso che preghi in chiesa, non mi disturba per niente.
Ma quando quella stessa trinità l’abbiamo vista esibire fieramente in tempi recenti (anni 90) anche alle Tigri di Arkan, nei confronti dei mussulmani bosniaci, è evidente a tutti che aveva valore ben diverso, salvo non crediamo che il Padreterno approvasse gli stupri etnici di massa, le torture indicibili sui prigionieri, i saccheggi e le stragi (prima tra tutte lo sterminio di Srebrenica, 8.000 persone assassinate e sepolte in fosse comuni) perpetrati in nome del nazionalismo serbo!
Qualche ragazzotto di Veneto Stato cui, nel tempo libero, piace travestirsi con tenute paramilitari, (pantaloni mimetici e camicia grigia con scritte in giallo), magari perché si sente più ometto o perché “fa figo” , e che ostenta con malcelato orgoglio le tre dita, all’epoca era forse lattante, e quei momenti non li ha vissuti. Ma per chi ha qualche anno di più come il sottoscritto il ricordo e le sensazioni di quei fatti sono vivi e dolorosi.
Come ho detto prima ogni simbolo può assumere significati diversi, in tempi, luoghi e circostanze differenti.
E’ certo che in questo momento storico quel simbolo può evocare anche l’immondizia di cui sopra.
Voglio ricordarvi quanto recita il nostro statuto all’articolo 5:

Art. 5 – Prinsipi fondanti
El VS:
5.1 – el riconose i diriti de l’individuo:
– ła so libartà inviołabiłe de agir liberamente in funsion deła so vołontà finché no ła leda el dirito
gualivo de staltri, anca al de sora deła lexe co che no ła rispeta sto dirito;
– el so dirito natural, el dirito ała vita e al rispeto deła so morte natural;
– el dirito de gòderse i fruti dełe so atività e de conseguensa de poderli poseder (prinsipio de
proprietà privà) e incantonar in previzion de on sucesivo sfrutamento a so discresion;
– el dirito de risercar ła fełisità, e de exersitar i so sentimenti ntel rispeto de staltri;
5.2 – el refuda ogni forma de discriminasion rasial, etnica, lengoistega, de convinsion rełigioxa e
sesista;
5.3 – l’aseta i prinsipi de lexitimità democratega e deła “non agresion” (cioè el prinsipio deła non
violensa, sensa pa cuesto rinunsiar ała lexitima difexa se necesaria);
5.4 – l’asèta łe norme del dirito internasional e pi in xeneral i diriti de l’omo sancii da l’ONU e el
dirito de autodeterminasion dei Popołi cusì cofà sancio nte l’Ato final deła Conferensa de Helsinki
del 1975.

(Mi si permetta una battuta. E’ rivolta ai formidabili sostenitori del valore delle regole che ho visto all’opera nei giorni scorsi. Leggetevi attentamente il comma 1, secondo capoverso: “la so libartà inviolabile…..”e pensateci su con un po’ di calma).

Spero con tutto il cuore che Veneto Stato sia l’art. 5 fino al midollo!
Deve anche sembrarlo, però. Assolutamente. Ne va del nostro successo.
Perché, in questa fase delicatissima della nostra vita politica, non possiamo permetterci sbaglio alcuno. E correre il rischio di essere associati in qualche modo alle belve nazionaliste serbe, potrebbe decretare la fine del nostro percorso.
Non dimentichiamo che ci rivolgiamo ad un popolo pacifico, tollerante ed operoso, da sempre abituato al rispetto delle leggi, al quale è già molto difficile far passare l’idea che il percorso per l’indipendenza è realmente fattibile.
Le obiezioni fondamentali delle persone che ascoltano per la prima volta le nostre argomentazioni, sono di questo tenore: “ma la Costituzione italiana dice che l’Italia è indivisibile” “ma non ce lo lasceranno mai fare” “ma Napolitano ha detto che….” “sarebbe bello, ma la legge dice che…” etc etc.
Se dobbiamo anche fargli digerire l’utilizzo di un gesto simbolico altamente discutibile come le tre dita, io mi chiedo: cui prodest? A chi giova?
Alla rapidità della diffusione presso le masse del nostro messaggio e quindi alla velocizzazione del conseguimento dell’indipendenza? Ma dico, stiamo scherzando? Vogliamo proprio farci del male da soli? Non ci rendiamo conto di quante perplessità (per usare un eufemismo) sta sollevando già tra gli stessi iscritti di Veneto Stato?
Inoltre, non dimentichiamo che saremo sotto i riflettori della ribalta non solo italiana, ma anche internazionale, poco incline a dar manforte ai facinorosi, presunti o reali che siano.
Nel nostro percorso legale e pacifico verso l’indipendenza, non dobbiamo assolutamente sprecare tempo ed energie, per “combattere” pregiudizi nei nostri confronti che noi stessi abbiamo contribuito a costruire con comportamenti improvvidi, come ad esempio, il saluto a tre dita.
Anche perché potremmo incorrere in una disfatta totale.
Qui non è a rischio la vittoria di una partita a briscola. Qui c’è da perdere o da guadagnare l’indipendenza e la libertà per 5 milioni di persone.
Evitiamo di farlo quel gesto, per favore. Lasciamo le tre dita alla Lega Nord, a Bossi e a Gobbo.
Veneto Stato è l’ultimo asso a disposizione del nostro popolo. Non dobbiamo giocarcelo a questo modo.

Gianfranco Favaro
Sez. 121 Quinto di Treviso

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