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Tassazione e acredine sociale

Gli stati occidentali dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi hanno avuto un impressionante, quanto preoccupante, incremento della tassazione. Non sono solo le percentuali ad essere cambiate, ma la base di tassazione che si è anche allargata, includendo tasse e accise su beni che un tempo non erano tassati o lo erano in forma irrisoria. Il settimanale italiano specializzato in automobili Quattroruote ha di recente ripubblicato delle edizioni originali degli anni cinquanta. In una di queste ad esempio, l’autore di un articolo commentava quasi sbalordito che in USA si dovesse pagare a tempo, come fosse una bomba ad orologeria, l’uso dei parcheggi lungo le strade, e pensava che mai in Italia sarebbe accaduto qualcosa del genere. Quello dei parchimetri a pagamento è un esempio di allargamento della base di tassazione. Come lo sono gli aumenti delle tasse automobilistiche e i bolli o tasse applicate a conticorrenti e servizi assicurativi (peraltro obbligatori).

Tutto ciò è strettamente correlato con l’aumento continuo del debito pubblico, e soprattutto della spesa corrente, la cui voragine che si allarga sempre di più è sostanzialmente dovuta al pagamento di servizi forniti dallo stato, o per spesa supposta come servizio anche se questo non viene reso, anzi questa è più la regola che l’eccezione. Anche la corruzione ha assunto livelli preoccupanti. In USA il tasso di corruzione è salito in modo vertiginoso ed ha assunto contorni preoccupanti, come testimonia lo slittamento fuori dai 20 paesi meno corrotti al mondo, documentato in questo articolo, che sembra evidenziare più una sorta di punta dell’iceberg anziché l’emersione della sua base.
Spesa pubblica e corruzione sono da sempre due soggetti che vanno a braccetto. E i fatti sono li a dimostrarlo.

La spesa pubblica è peraltro alimentata da soggetti che raramente ne rispondono personalmente, e quando si scopre il buco chi lo aveva creato di solito è già a casa in pantofole. E’ per questa serie di ragioni che la spesa pubblica si è espansa nel tempo accumulandola nel debito pubblico esploso a livelli record. Ma ogni botte ha il suo fondo, e quando si arriva a raschiarlo allora incomincia la lotta furibonda su chi deve pagare.

Questo accade dovunque. In Italia di recente si è aperta la caccia ai fantasmi …pardon, all’evasore, e l’allargamento della base imponibile come pure ipotesi più indecenti come le patrimoniali fino all’ultima trovata dell’ex ragioniere dello stato Andrea Monorchio sulla ipoteca del 10% su tutti gli immobili (con bonus a chi si fa garante del debito pubblico) che sembra superare ogni perversione tassinara e di incostituzionalità. Ma non è solo un problema dell’Italia che a quanto pare non riesce ad avere qualcosa di meglio che ragionieri, seppur Generali, come A. Monorchio o lo stesso Tremonti per amministrare la montagna di debito pubblico, spesa e bassa crescita che contraddistingue da ormai oltre un decennio l’Italia, ma anche negli Stati Uniti d’America sembra si sia scatenata la lotta su chi deve pagare e quanto. Dapprima le esternazioni di Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, che dichiara che in proporzione lui paga di meno della sua segretaria in tasse, poi la proposta che ancora deve essere valutata in Congresso per una tassa superiore per quelli con reddito sopra il milione di dollari, sembra avere aperto la stagione della caccia anche dall’altra parte della pozzanghera.

E pure laggiù è iniziata la stagione del rinfacciarsi chi paga di più e chi paga di meno, l’acredine sociale, che sfocia in proteste di piazza e articoli intellettuali che evidenziano come grossomodo la metà degli americani non paghi le tasse federali grazie a esclusioni e deduzioni varie, come potete leggere in questo articolo pubblicato da ABC qui in lingua originale, e qui tradotto con google. Appare quindi evidente che la tassazione, dovuta alla irresponsabile spesa pubblica, non solo cagioni danno per l’economia, come viene fatto notare dall’esperto di tassazione intervistato da ABC, non solo depaupera danaro che può altrimenti essere investito in atti caritatevoli e sociali, ma innesca pure una forma di invidia che sfocia in forme di acredine sociale che possono diventare anche tragiche.

Nel walzer della politica e del consenso elettorale deresponsabilizzato dei costi, le politiche della deduzione e della esclusione dalle imposte è difficilmente controllabile quanto quella dei favori promessi che corrispondono a spesa pubblica. Sembra che questo sia uno dei cancri dei sistemi di governo occidentale, che solo in pochi posti al mondo pare avere limiti e un controllo, ad esempio in Svizzera.
E non deve stupire che siano i governi occidentali ad aver messo nel mirino proprio la Svizzera accusandola con meschini pretesti per poterla mettere al bando quale rifugio fiscale (tax haven), che i giornalari italiani hanno sempre tradotto, erroneamente, in “paradiso” fiscale …o forse si è semplicemente trattato di un lapsus freudiano, visto che l’Italia effettivamente è un inferno fiscale.

 

Claudio G.

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