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Paolo Luca Bernardini: “l’indipendenza veneta è un processo storico inarrestabile”

paolo_bernardini_2_websiteRiportiamo di seguito una interessantissima intervista a Paolo Luca Bernardini pubblicata su Queimada, la “locanda” politica indipendentista curata da Alex Storti. Paolo Luca Bernardini, ricordiamolo, fa parte della commissione giuridica, che l’11 dicembre scorso, su iniziativa di Indipendenza Veneta, si è insediata per redigere il percorso tecnico-legale e predisporre una delibera referendaria da presentare alla Regione Veneto, a seguito dell’approvazione della risoluzione 44.

Proseguiamo il nostro ciclo di interviste con Paolo Luca Bernardini, nome noto nel panorama indipendentista e libertario. Professore ordinario di Storia moderna presso l’”Università degli Studi dell’Insubria” a Como, Bernardini ha all’attivo moltissime pubblicazioni accademiche e politiche, da molti anni ormai improntate in particolar modo alla difesa dei diritti dell’individuo e delle comunità territoriali nei confronti delle pretese dello stato. Ligure di nascita, lombardo per lavoro, veneto d’adozione: certamente una personalità piena di sfumature, come testimonia il suo percorso intellettuale e umano, Bernardini è innanzitutto un pensatore generoso che ha scelto di mettere il proprio nome, la propria visione e tanta parte del suo tempo al servizio della causa della libertà veneta, fin da quando, nel 2008, divenne Presidente del Partito Nasional Veneto.

AlexStorti – Cosa ti aspetti dalla Catalogna, alla luce del risultato delle elezioni del 25 Novembre? E dall’Unione Europea, anche in funzione veneta?

PaoloL.Bernardini – Credo sia un ottimo risultato. L’indipendenza catalana, come ha ammesso Mas all’indomani del voto, deve essere “concertata” tra le varie forze che la propongono, e ognuna “se ne deve con le altre prendere la responsabilità“. Una vittoria del partito di Mas avrebbe legittimato il futuro governo della Catalogna libera da parte di questo partito stesso, mentre molti indipendentisti si riconoscono sì nel progetto di sovranità riottenuta, ma non nelle “policies” che il partito di Mas avrebbe implementato una volta al potere (ad esempio ovviamente l’estrema sinistra indipendentista, e la stessa ERC).

Occorre distinguere due passaggi in questo processo (anche per il Veneto, la Bretagna, le Fiandre ecc.): 1. il raggiungimento dell’indipendenza; 2. i modi, le forme, le politiche con cui il nuovo Stato sarà organizzato e governato. Sono due passaggi legati ma assai diversi. Anche se l’indipendenza può essere rallentata, è un rallentamento necessario, naturale, e positivo, per gettare i fondamenti di secoli di sovranità. A questo punto occorre che le varie forze catalane a favore dell’indipendenza studino insieme i passaggi necessari. L’UE ha tutto l’interesse a mantenere al proprio interno la Catalogna e il Veneto, mentre avrebbe l’interesse ad attrarre nell’eurozona la Scozia. Occorre vedere se Catalogna, Veneto, e Scozia avranno esse stesse interesse nel rimanere nell’UE, e nel caso della Scozia, rinunciare alla sterlina scozzese per entrare nella zona euro. Dall’UE mi aspetto un’attenzione vigile, ma senza imposizioni, ai processi di liberazione dei “popoli senza patria” in Europa. In fondo, sono questi ultimi, per dir così, che sulla “lunga durata” hanno “il coltello dalla parte del manico”.

Risoluzione 44: la tua opinione sul passaggio storico del 28 Novembre, anche in prospettiva per i prossimi mesi.

Sono felicissimo della forma presa dalla Risoluzione 44 e da quanto fatto dai consiglieri regionali. Vivo in Veneto dal 2001, ed ho sempre apprezzato nei veneti l’amore viscerale per la propria terra, la propria storia, e la propria nazione, e credo che questo amore prevalga, se non in tutti in moltissimi, anche tra i politici, soprattutto i consiglieri regionali, aldilà dell’appartenenza a partiti che potrebbero avere interesse nel mantenere il Veneto entro i confini italiani. Credo che sia giusto, a livello istituzionale, parlare di “autodeterminazione”, e non già di “indipendenza” (come se i giochi fossero già fatti) lasciando aperta alla decisione degli elettori la scelta tra rimanere in Italia o distaccarsi. Ogni difensore dell’Italia unita dovrebbe volere questo referendum (sperando naturalmente di vincere e cercando qualche pittoresco coniglio in un cilindro propagandistico sempre più desolatamente vuoto), perché vincendo finalmente un governo ora illegittimo, e forse illegittimo dal 1866, sarebbe finalmente legittimato da un voto popolare. Ovvero l’Italia (o l’appartenenza del Veneto all’Italia), in caso di vittoria degli “italianisti”, avrebbe delle basi solide di volontà popolare che ora tragicamente le mancano. Se il governo centrale o altre forze, per ignoranza o per presunzione, vorranno  negare il referendum o ritardarlo, il numero delle adesioni al mantenimento del Veneto nell’Italia calerà in misura direttamente proporzionale agli sforzi fatti in tal senso. Ovvero, più si ostacolerà il referendum, più crescerà il numero di coloro che voteranno per il Veneto libero.

Ci sono processi nella storia che non si possono arrestare. In generale, non si arresta nessun processo storico, questo è il vantaggio dei processi storici, che bilancia la loro lentezza, che a molti può apparire insostenibile. Auspico che si arrivi al referendum entro la Primavera prossima. Anche perchè nel frattempo l’economia veneta (e italiana in generale) sarà sempre più compromessa, e sarà inutile essere poi liberi in un deserto di miseria. Oltretutto, auspicando, dal mio punto di vista, un esito del referendum positivo (già i vari sondaggi indicano tutti che la maggioranza sarà raggiunta dagli indipendentisti), occorreranno tempi tecnici forse superiori ad un anno per transitare pacificamente da regione italiana a stato libero indipendente e sovrano. Insomma, ci saranno cose più complesse da fare che cambiare la forma il colore e il numero delle targhe automobilistiche, o rinominare le strade. Per quest’ultime cosa sappiamo già tutti i nomi dei 120 dogi! Si dovrà decodificare e ricodificare almeno i 4 codici fondamentali, senza parlare dell’assetto istituzionale, e delle decisioni in materia demaniale. Occorrerà anche trovare un nuovo lavoro ai Prefetti — cosa che può apparire banale ma non lo è, nella valenza simbolica di questo mio riferimento — perché vorrei che il Veneto libero cominciasse il suo cammino senza licenziare nessuno, nemmeno i rappresentanti sul territorio del potere centrale.

Dopo l’approvazione della Risoluzione 44 è riesplosa l’ostilità fra i due partiti indipendentisti veneti, VenetoStato e IndipendenzaVeneta. Al di là della contingenza particolare e di certi toni francamente imbarazzanti emersi da parte di chi critica la Risoluzione, cosa pensi della concorrenza fra queste due formazioni?

VS ha dichiarato che intende presentarsi alle politiche italiane del 2013. Già questo mi fa pensare cose non belle al loro riguardo. Allo stesso tempo la loro incapacità di riconoscere la portata epocale della Risoluzione 44 mi stupisce. Rischiano di essere cancellati dalla schiera indipendentista e relegati in quella degli eterni rancorosi. E’ chiaro che se vorranno giuocare qualche ruolo nel Veneto libero dovranno riconoscere anche le vittorie dei concorrenti, o piuttosto, dovranno riflettere su che cosa, ideologicamente, programmaticamente, e via così, li divida da noi di IV. Altrimenti i loro unici motivi di divergenza da noi saranno le antipatie personali.

E’ ovvio che partiti tradizionali, ivi inclusi i partiti di sinistra, prenderanno sempre più una piega indipendentistica. E se è vero che sono i difensori della parte debole della società, dovrebbero ben farlo, per non doversi vergognare di difendere delle caste immonde di dipendenti dello stato mentre si suicidano i piccoli imprenditori e i pensionati con la minima, mentre diecine di migliaia di giovani veneti non trovano lavoro. La sinistra veneta dovrebbe svegliarsi, e capire che proprio in un Veneto indipendente potrebbe essa stessa tornare alle proprie origini ideologiche e combattere per i più deboli, coloro che non sopravvivono alla dittatura fiscale e all’assenza di competitività internazionale che il sistema Italia offre oggi ai suoi aderenti, forzati. Credo che vi siano ottimi giovani nella sinistra del Veneto, che queste cose le capiscono, che sanno che per ogni sindacalista foraggiato e nullafacente c’è un vecchio con la minima che muore di fame, c’è un giovane che emigra. Quanti miei studenti qui a Como cercano lavoro in Svizzera! Spesso lo trovano, formale o informale (ad esempio, come escort a Lugano Paradiso). Spero che la sinistra veneta capisca che forse è meglio che le giovani venete non vadano a fare le escort in Croazia per campare. Abbiamo raggiunto un degrado intollerabile.

Nel 2008 sei stato fra i fondatori del primo partito apertamente indipendentista veneto e con ambizioni elettorali serie, il PNV (Partito Nasional Veneto). Nel movimento hai rivestito la carica di Presidente. Che opinione ti sei fatto di quell’esperienza, per certi versi pionieristica, tenuto conto anche del tuo particolare punto di vista di cittadino veneto adottivo?

Molto bella, eravamo in pochissimi, mezzi clandestini, ma pieni di entusiasmo. Ma è una lunga storia di aspirazioni all’indipendenza, che un giorno dovrà essere studiata scientificamente, ma che probabilmente risale al giorno dopo Campoformido. Ora IV riempe le sale, e questo mi rende il cuore pieno di gioia. Ma gli inizi sono difficili per ogni movimento politico che parta dal basso. Berlusconi ha potuto crearne con ottimi risultati uno dall’alto grazie alla sua grande disponibilità economica. Ma alla fine sono i movimenti che nascono dal basso, empiricamente, quelli che la Storia premia maggiormente. Anche perché i movimenti eterodiretti, creati da magnati, alla fine devono pur essere sostenuti da un pensiero forte. Berlusconi ha parlato dall’inizio di liberalismo. Lo ha tradito assai più di quanto non  abbia fatto con la sua affascinante signora. D’altra parte, nessuna politica liberale sarà mai possibile all’interno di questi Leviatani ottocenteschi, Francia, Spagna, Italia. Posto che sia possibile in Germania. Ma la Germania, per quanto federalismo imperfetto, permette alla Baviera di avere un saldo fiscale negativo per un solo miliardo di euro all’anno rispetto a Berlino. Il Veneto viene derubato di 20, la Catalogna di 17. La Lombardia di 40 e mi domando fino a quando tale immenso furto possa continuare.

A tuo parere i partiti indipendentisti in Lombardia e Veneto dovrebbero cercare di coinvolgere apertamente e attivamente i nuovi cittadini provenienti da altre aree del mondo (e della Penisola)?

Certamente. Avrebbero tutti l’interesse ad avere una Lombardia ed un Veneto indipendenti. Non saranno Stati fondati sull’assurdo principio “del sangue e del suolo”, e sono stato davvero turbato dal leggere in dichiarazioni di esponenti di primo piano di VS cose come “Il Veneto fa chi veneto è”. “Veneto è chi il Veneto fa”. Ecco la verità. Un giovane liberale classico come Luca Schenato lo ha dimostrato con grande acutezza. Tutti devono essere coinvolti nel progetto indipendentista. Non solo in Veneto, o in Lombardia. Mi auguro che la Sardegna, una terra che amo moltissimo, diventi presto indipendente. Un mio omonimo, Paolo Bernardini, archeologo, ha scritto libri che narrano di una Sardegna multietnica, libera, già in età fenicia. La Sardegna ha tutte le basi possibili, compresa quella geografica, per fortuna sua, per diventare indipendente.

La Regione Lombardia fra tentazioni insubriste e sirene serenissime: non pensi che l’indipendentismo partitico lombardo debba percorrere una strada necessariamente non-identitaria per poter avere una prospettiva concreta e non essere schiacciato dalle contraddizioni di un’identità plurale in tutti i sensi?

Ovviamente. Ma la situazione lombarda è molto complessa. Vi sono associazioni importanti, come Domà Nunch e Terra Insubre, che hanno una funzione notevole: quella di rivendicare forme di autogoverno all’interno della futura Lombardia sovrana, per determinati territori, storicamente e geograficamente individuati, per l’appunto di una possibile Lombardia indipendente. Esattamente nel modo in cui, un tempo, la Serenissima stessa amministrava le “magnifiche comunità”, ad esempio il Cadore, o l’altopiano di Asiago. Con una forte autonomia, al limite dell’indipendenza vera e propria. In questo senso, nelle sue varie componenti, la terra lombarda è ancora più complessa, e diversificata, rispetto a quella veneta.

Il Veneto e la Lombardia libere dovranno avere un sistema federale di governo, simile a quello svizzero, e dovrà sempre essere aperta la possibilità di creare “nuovi cantoni”, ovvero nuove e più piccole entità amministrative, come avvenuto di recente, nel 1974, con il Giura Bernese. Lo strumento per tale suddivisione sarà il referendum popolare, come avvenuto appunto in Svizzera nel 1974. Soprattutto per la Lombardia il sistema federale alla Svizzera (che confina con noi per lungo tratto) sarà la salvezza. Ed eviterà ad esempio la scissione di Bergamo, Brescia, e la riva sinistra d’Adda verso il Veneto indipendente. Ma tale questione “di confini” si porrà inevitabilmente, ma in termini moderni: ogni comunità sarà libera di scegliere la propria appartenenza.

Nei tuoi scritti emerge una personalità fortemente votata alla difesa dell’individuo e della libera intrapresa contro le pretese dello Stato. Credi che l’indipendentismo delle Regioni del Nord e segnatamente in Veneto si stia dimostrando compatibile con questo approccio libertarian?

Credo di sì. Anche se devo dire, per onestà e chiarezza, che IV ha una componente liberale-classica, ma non è un movimento liberale-classico in toto. Spero che una volta ottenuta l’indipendenza IV continui a svolgere un ruolo politico e si accentuino le sue componenti liberali-classiche, anche perché una volta raggiunta l’indipendenza IV potrebbe cessare di esistere. Nel qual caso, però, si sentirà l’esigenza di un partito libertario, in un contesto veneto dove saranno comunque ancora forti i partiti di sinistra, insomma il PD ad esempio ci sarà sempre, sostituirà il suo sfondo tricolore con uno sfondo marciano. Sarebbe auspicabile, e credo proprio che avverrà, anche il ritorno di un partito che tenga presente la controversa (ma forte) tradizione veneta della DC.

Ora, in questo contesto, e non escludendo la nascita di formazioni di destra tradizionale, autoritaristiche, ed “identitarie” in senso nefasto, credo proprio che IV dovrà precisare la propria ideologia all’indomani dell’indipendenza, e spero lo faccia in senso liberale classico. Ma io sono la tessera 201, tra i soci fondatori sì, ma non ricopro cariche all’interno del movimento. Se il movimento ottenuta l’indipendenza sceglierà altre opzioni ideologiche, io stesso, insieme ad altri, darò vita ad un PLV, “partito libertario veneto”, a favore di privatizzazioni e libero mercato, e soprattutto a favore dell’individuo sempre minacciato da nuovi e vecchi collettivismi.

L’inno di Mameli obbligatorio a scuola: cosa ne pensi?

Bene. Così gli studenti faranno uso della loro libera esegesi, molto vivace nei ragazzi, e ne comprenderanno tutta l’idiozia. Sono le tattiche di un moribondo senza strategia. L’Italia non dovrebbe comportarsi come una qualunque dittatura dei tempi foschi, come lo era nel 1922, per salvarsi. Dovrebbe fare il contrario, togliere tutte le Province, togliere i prefetti, abbassare le aliquote fiscali di dieci punti, fare quel che non può oggettivamente fare, anche se magari qualche puro di cuore a Roma lo vorrebbe. E allora, come tutti i condannati, o quasi tutti, si dimena in mostruosità di questo tipo.

La fine di tutte le dittature è raccontata da tanti film. Dopo gli sperperi e le ruberie, il dittatore sale sull’aereo privato tra un manipolo di seguaci con le borse piene di soldi, tanti, ma anche pochi, rispetto a quelli rubati  e i molti di più vergognosamente sprecati. Così scappò ad esempio Batista da Cuba nel 1959. La gente lo sa. Così fuggì Mussolini, e si favoleggia ancora dell’oro di Dongo. I fascisti duri e puri loderanno il fatto che dal cadavere di Mussolini a piazzale Loreto, appeso a testa in giù, o meglio dalle sue tasche dei pantaloni rivoltate, non uscissero soldi. “Il Duce, vedete, non ha mai rubato!“. Quando i dittatori italiani scapperanno su quell’aereo, diranno che nelle borse tenute a pugno stretto dagli scherani di turno vi erano solo vestiti, poche misere cose, e qualche cd con sopra inciso l’inno di Mameli. Lo canteranno sulla cabina di quell’aereo, senz’altro. Contando gli ultimi denari rubati ad un popolo di 60 milioni di derelitti.

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