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Cambiare il gioco. Non le sue regole.

La fine dell’ultimo governo dello Stato italiano – ingloriosa ma non più di altre, il suo ultimo sigillo sarà un volo di saliva, detto altrimenti “sputo” – segnala che è tempo, per tutti i popoli che sono stati aggiogati allo Stato-Italia, di prendere finalmente coscienza di sé, e delle proprie origini e del proprio destino, e contribuire tutti insieme al cambiamento. Che non deve essere un cambiamento di regole. Deve essere sostituito il gioco. Il nuovo gioco si chiamerà Venetia libera e sovrana, Sardegna libera e sovrana, Sicilia libera e sovrana. Sarebbe ora che le tetre sale dove il governo italiano si è riunito per un secolo e mezzo, dove l’Alì Babà di turno ha assemblato per cento governi i suoi 1000 ladroni, divenissero musei, aperti ai milioni di turisti che visitano annualmente la Città “eterna” – finché dura. Ma anche solo basterebbe, per intanto, che il popolo della Venetia prendesse coscienza di sé, e si domandasse: “ma vogliamo veramente un altro governo italiano, o non piuttosto la libertà, l’indipendenza, il nostro governo, il nostro Stato, i nostri confini, la nostra lingua?”. La Storia non ha un corso fisso, ritornare alla libertà originaria della Venetia non sarebbe un salto indietro, ma un immenso salto in avanti. Ne avrebbero beneficio immane le nuove generazioni, e, se questo è il timore, non vi sarebbe nessun scandalo internazionale. L’Economist, in un servizio sull’Europa del futuro, aveva già previsto agli inizi degli anni Novanta la fine dell’Italia e la Venetia libera, aveva perfino ideato una mappa dell’Europa a metà XXI secolo che tale Venetia naturalmente comprendeva:  nessuno si scandalizzerà se la Catalogna darà l’addio alla Castiglia nel 2014 (nessuno manderà Brigate Garibaldi ad uccidere i Catalani), la Scozia all’Inghilterra nel 2010. Forse i giornali internazionali non vi daranno neppure grande spazio. Sarà qualcosa di naturale e di bello, e di indolore. Si sostituiranno le bandiere, si creeranno confini di Stato elettronici, si cambieranno il nome ad un po’ di strade, cui verrà restituito il nome pristino. La Venetia sarà parte di UE, NATO, ONU, avrà il proprio governo, leggero e decentrato, la propria costituzione e la propria bandiera. Architetti di valore disegneranno i nuovi edifici parlamentari, magari intorno ad una delle tante ville venete abbandonate. L’inno di Mameli sarà spedito al luogo che gli è proprio, agli esegeti de La Settimana Enigmistica perché spieghino a chi ancora interessa che cosa vuol dire.  Questo potrà avvenire per via pacifica, istituzionale, referendaria, democratica.
Il risultato sarà un immenso senso di liberazione. Ma anche una liberazione vera e propria. Vi saranno poche tasse ma servizi efficienti, il contrario della situazione attuale; le università torneranno a fiorire nel panorama internazionale come era ancora nel Seicento e nel Settecento, almeno per l’unica allora esistente, Padova. Le sorti dei Veneti saranno decise dai Veneti. Pensate che fino ad ora le hanno decise personaggi che il Veneto, se lo conoscono, hanno in odio e disprezzo, come tutti i miserabili che invidiano coloro che sono migliori di loro, ma che ad essi per qualche malo giro del destino sono sottoposti. I maestri zen dello sputo libero, delle corna e delle grida.
Altrimenti, un altro governo. Un altro (penoso) giro, un altro (ricco) regalo (da noi ai parassiti).
La Venetia sarà più prospera forse dell’Austria, forse prospera come la Svizzera, e insieme, avrà una delle varietà territoriali più estese del mondo, le città tra le più belle, la popolazione tra le più attive, la terra tra le più ubertose. Brescia, Bergamo, Crema, Cremona saranno benvenute, e Milano diverrà un piccolo ricchissimo granducato, una Montecarlo padana. Per effetto domino tutto il sistema Italia si dissolverà, e tutti gli (ex-)italiani ne saranno immensamente beneficiati. Finalmente, respireranno.
Ma possibile che il disgusto dello spettacolo orrendo di tutti i governi italioti del dopoguerra non abbia raggiunto la soglia critica? A che scopo sopportare ancora? Non sono gli uomini cattivi, ma lo è il sistema. Gli uomini sono furbi, ne prendono vantaggi. Hanno crocefisso Mastella, ma se si guarda alla sua carriera si vede la carriera di un uomo astuto e intelligente, costante e determinato, ha saputo inserirsi in un sistema fatto per questo, perché qualcuno furbamente ne tragga ogni vantaggio. Tuttavia, per il vantaggio che tocca a pochi privilegiati, milioni vivono in povertà. E’ un sistema marcio, è un gioco mortale.
Poniamovi fine. Si abbia un sussulto d’orgoglio.
Il PNV darà il proprio apporto. Alle elezioni amministrative nel 2008 in Veneto. Alle elezioni europee del 2009. Nella dialettica tra il locale, e vitale, e la dimensione europea, ancora tutta da definire con l’apporto dei singoli Stati piccoli e liberi che stanno nascendo, sta il futuro.
Ne sit quid nimis. Antica massima latina, il troppo storpia. E qui è arrivato.
A questo punto, tra sputi e barelle, corna e insulti, è chiaro che non è un governo tra i tanti che naufraga, è un sistema che non regge più.  Prendiamone atto. E agiamo di conseguenza.

Paolo Bernardini

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