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Ventimila anni di scorie nucleari

Ciao,
A ve spediso un me scrito in talian co alcune considerasion pertinenti al nuclear che ritegno interesanti conoser e divulgar.

Sani!

Fabio

La decisione centralista del Governo italiano sul nucleare ha reso incandescente il clima politico, le discussioni divampano e veniamo bombardati da dati e statistiche in sovrabbondanza.
Ma qualche fatto e qualche circostanza sono poco conosciute.

Per esempio si sa che l’uranio è un elemento abbastanza diffuso in natura sulla Terra ma è abbastanza raro trovarlo in concentrazioni utilizzabili per scopi militari e civili: oltre la metà delle concentrazioni minerali di uranio mondiali (58%)sono dislocate in tre Stati: Australia (28%), Kazakhstan (18%) e Canada (12%). Altri importanti Paesi estrattori di uranio sono la Russia, la Namibia, gli Stati Uniti, l’Uzbekistan, il Sudafrica.

Nell’Unione Europea non ci sono giacimenti di uranio sfruttabili convenientemente, mentre ci sono giacimenti petroliferi importanti nel Mare del Nord, in Basilicata ed altrove.
Da queste premesse si comprende che l’Europa dipende in maniera più pesante dalle importazioni dell’uranio (concentrato in pochi Paesi) che non da quelle petrolifere (diffuse in più Paesi).

È interessante notare che i prezzi dell’uranio sono continuamente calati dal 1980 (32,90 dollari per libbra) – influenzati anche dai gravissimi incidenti prima alla centrale nucleare di Three Miles Island (USA) e poi a quella di Chernobyl (Ukraina) – sino al minimo storico del 2001 (solo 7 dollari/libbra!).

In effetti l’attentato alle Twin Towers e le conseguenti guerre all’Afghanistan ed all’Iraq segnano decisamente anche questo cambiamento, provocando non solo aumenti petroliferi ma anche quelli delle materie prime strategiche incluso l’uranio, quotato a ben 137 dollari/libbra nel 2007 (!) ed in continua fortissima ascesa.

Risultano evidenti gli intenti speculativi globali attuati ed attuabili solo dalle grandi “Corporations”, in particolare quelle anglo-americane, guarda caso in mano anche queste in maggioranza ai grandi gruppi finanziari (Rokfeller, Rothschild, Goldman-Sachs, Merryl-Lynch, Morgan’s, ecc.).

È anche chiaro che i calcoli dei costi fatti solo qualche anno fa non corrispondono a quelli odierni ed aumenteranno esponenzialmente nel tempo, particolarmente quelli sulla costruzione, sulla manutenzione e sullo smaltimento delle scorie nucleari.

Un fatto non ben conosciuto è che il ciclo di funzionamento delle centrali nucleari è previsto in 25/30 anni ed entro tale periodo gli impianti vanno SMANTELLATI, i terreni vanno BONIFICATI, le macerie e residui STOCCATI in siti protetti e controllati per periodi molto lunghi, necessari al decadimento della loro pur bassa radioattività, il tutto a costi altissimi.
Ovviamente le centrali verranno ricostruita in toto… buoni affari quindi per gli appaltatori ed aggiudicatari, sempre “Corporation” locali o multinazionali legate ai soliti grandi gruppi finanziari e collegati ai Governi centrali.

Che dire poi dei pericolosi materiali radioattivi di scarto e delle scorie nucleari? Non se ne parla molto, eppure rappresentano un bel problema ed un costo che si tende a trascurare.

Beh, non per tutti, ad esempio per l’enorme massa prodotta di Uranio Impoverito, “Depleted Uranium” (cosi’ chiamato perché dal minerale “grezzo” di uranio, di solito “pechblenda”, vengono sottratti i preziosi isotopi U235-236-239 per l’arricchimento delle barre che forniranno energia nucleare), è stato addirittura “creato” un utilizzo industriale su vasta scala.
Infatti il D.U. viene “trasformato” e venduto sottoforma di micidiali proiettili perforanti, efficacissimi nel bombardare postazioni corazzate militari nemiche (ma purtroppo impiegato anche su obbiettivi civili nella Guerra del Golfo, in Irak, poi in Afghanistan ed anche in Jugoslavia, con terrificanti conseguenze dovute alla contaminazione radioattiva di aria, suolo ed acque).
Non solo, l’Uranio Impoverito viene ampiamente usato anche nell’industria civile e cantieristica come sostitutivo ECONOMICO (!) di altri metalli pesanti come il tungsteno, piombo ed altri.
Non c’è che dire, un bel “business”… anziché finire in costosissime “discariche” finisce direttamente… all’ignaro “consumatore”… perdipiù a pagamento!

Invece le scorie nucleari a bassa radioattività (come quelle provenienti dai laboratori) vengono stivate in luoghi di superficie protetti da barriere e controllati. I costi relativi sono importanti ma relativamente contenuti.  Ben altro discorso per le scorie ad alta radioattività per il cui sicuro stoccaggio servono profondi bunker antisismici, schermati e protetti militarmente … nessuno o quasi riporta mai correttamente i loro costi… non tanto per le pur alte cifre bensì in quanto si dovrebbero correttamente calcolare custodia e manutenzione per tutto il periodo di decadimento naturale di alcuni isotopi radioattivi: 20.000 (ventimila) anni! … cosa difficile da contabilizzare in…bilancio.

Infine l’individuazione dei siti-bunker ben protetti per le scorie radioattive devono rispettare precise norme internazionali di sicurezza curate dall’Agenzia Internazionale Energia Atomica (AIEA), tra cui una ottimale distanze dai centri abitati per permetterne agevolmente il controllo e l’assoluta assenza di terremoti. Parametri questi che non si addicono molto agli stati europei ad alta densita’ abitativa, particolarmente a quello italiano e che quindi, uniti alla consapevolezza delle inevitabile protesta dei cittadini, ci costringerebbe ad una ulteriore dipendenza verso Paesi di grandi estensioni ed esenti da fenomeni sismici, quali il Canada, Russia, alcuni deserti africani od orientali nei quali “esportare” le scorie radioattive e pagare profumatamente per 20.000 anni il loro deposito.

Per riassumere, lasciando in disparte le non secondarie questioni sicurezza ed efficienza, la presunta convenienza della produzione di energia nucleare viene “falsata” da tre fattori principali:
1) i consistenti costi della ricerca e del controllo nucleare sono “assorbiti” per la sua quasi totalità dal settore militare e quindi non appaiono nei preventivi;
2) non viene calcolata correttamente l’incidenza dei costi nel tempo delle scorie radioattive, in quanto si analizza normalmente solo il periodo di “vita” della centrale nucleare (25/30 anni) e non il periodo obbligatorio della loro custodia in sicurezza (20.000 anni);
3) le spese previste sono calcolate sulla media degli anni in cui il settore che era in ribasso, mentre ora, su spinta delle richieste “politiche” è fortemente in rialzo.

Un recente dato rilevato ci indica inoltre che il trend di crescita di domanda energetica in Europa è in flessione, complice evidentemente la crisi economica crescente che impone economie “domestiche” e riduzioni produttive industriali.

Forse è opportuno ridiscutere i criteri centralisti che ci hanno riproposto il nucleare e le mega centrali ,rivalutare la produzione in impianti medio-piccoli locali a cominciare dalle Regioni a deficit energetico ed incentivare le politiche del risparmio e delle energie alternative, soprattutto rinnovabili.

Proprio dal Paese che ha il predominio militare e civile del nucleare ci viene una risposta concreta in tal senso: negli Stati Uniti l’ultima centrale nucleare di “Watts Bar 1” è stata costruita sul finire degli anni ’80 e, in questi ultimi anni la produzione di energia EOLICA ha raggiunto il 20% (venti per cento!). Anche Danimarca e Olanda sono su questa strada. E che dire che anche la Germania ci ha abbondantemente sorpassato nella produzione di energia SOLARE? … forse percentualmente non importante ma comunque molto significativa.

Anche l’Enel come tutte le altre analoghe società europee hanno stanziato nuovi investimenti in questi settori oltre che nel tradizionale idroelettrico ed il fabbisogno di energia contingente sarà soddisfatto, secondo le loro stesse previsioni, anche in futuro. Sicuramente, almeno per noi Veneti, senza il nucleare.

Fabio Calzavara
08.06.2008

Fonti: www.wikipedia.org, www.aiea.or.at, www.enel.it

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