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Plebisciti: se i fondamenti di ITA sono questi…

Con vivo piacere ho presentato ad Este, lo scorso 21 novembre, il libro di Ettore Beggiato La grande truffa, dedicato al plebiscito del 1866. Ho avuto modo di conoscere una splendida istituzione della Venetia, il Gabinetto di Lettura, fondato nel 1847, e che ha sede in un bellissimo palazzo nel pieno centro di una cittadina vivace e ricca di cultura, dove le origini stesse della Venetia, i suoi primi abitatori in età pre-romana, sono documentate nel bellissimo museo archeologico. Che insieme a quello di Adria fornisce un quadro di un’identità di popolo, e di una presenza sul territorio, radicata da millenni, ben prima di Roma, e a fortiori prima dei corruschi undici secoli di Serenissima. In breve, sul libro e sui plebisciti. Se questo testo di Beggiato documenta quanto sia stato farsesco, manipolato violentemente, e privo di alcun significato, ché i giochi erano già stati fatti a livello diplomatico, il plebiscito del 1866 per la Venetia (e Mantova, e tutti i territori del Lombardo-Veneto non annessi nel 1859), esiste ormai una consolidata letteratura che dimostra quanto tutti i plebisciti del tempo, a cominciare da quello del 1799 che sancì il trionfo del despotismo napoleonico – cui a quel punto mancava solo la corona imperiale – fossero tutto fuorché la richiesta di un voto popolare con una vera potestà legislativa. I padroni del bordello ITA – l’unico casino da cui si esce senza neanche aver goduto un pochino – hanno fatto spesso di questi plebisciti uno dei fondamenti della nascita d’ITA stessa, penso ad un celebre discorso del presidente di ITA del 2001, Ciampi a Palazzo Carignano a Torino, con citazioni dai “giuristi” risorgimentali, come quel Brofferio che diceva che l’Italia era stata fatta “dalla volontà del popolo” (però poi costui chissà perché se ne andò a morire a Locarno); o quel Giorgini che diceva che VE II, regnava “in virtù dei plebisciti ai quali si deve la formazione del Regno d’Italia”. Invece tutti questi plebisciti furono fatti con minacce di ogni tipo, e in realtà non furono veri referendum, ma semplicemente, forme di richiesta di acclamazione popolare per quello che era già stato deciso. D’altra parte erano in fondo così i plebisciti nella loro origine romana, i tribuna plebis proponevano leggi ai concilia plebis, che generalmente le accettavano, ovvero, davano la loro approvazione. Niente a che vedere con una libera richiesta di espressione di volontà popolare. Già originariamente i plebisciti erano questo, e nient’altro. Ai poveri cristi dell’ITA nascitura veniva richiesta l’acclamazione, non il dissenso. Chi sperava di potersi sottrarre all’acclamazione ed esprimere il dissenso, interpretando il plebiscito, in buona fede e con buone ragioni, per ciò che non era né poteva essere, se la passava brutta. Nello spirito di ITA, dell’intimidazione armata, i carabinieri puntavano contro di loro il moschetto; quegli stessi che poi, generazioni dopo, fucileranno i soldati-bambini che volevano salvarsi la vita disertando da quella strage crudele, insensata, ed abietta, che fu la prima guerra mondiale. Al popolo suo questo ha sempre riservato ITA: inganno e morte. Per farsi un’idea delle dinamiche assurde e violente dietro a questi plebisciti, rimando volentieri a ottimi lavori che si trovano in rete: uno di Angela Pellicciari, storica coraggiosa e onesta, “Plebisciti. Solo una bella parola”.
E le più ampie “Noterelle di storia antirisorgimentale” di Maurizio G. Ruggiero.
In sostanza, tutti i plebisciti dell’Ottocento furono un’immensa truffa. Nella misura in cui, almeno, furono fraintesi da tutti, trasformando un’acclamazione pubblica (di una decisione e/o legge già presa) in un’espressione di libera volontà. Meglio dunque, per onestà sabauda (le poche volte che si trova) quando non vennero neppure celebrati: a Genova nel 1805, a Milano nel 1859. Ad esempio. Ma si legga un libro che l’establishment di storici-servi di ITA ha attaccato en masse, L’invenzione dell’Italia unita, di Roberto Martucci (Sansoni, 1999). E ancora, si leggano i libri di Massimo Viglione, di Agnoli, di Zitara, di Salvi, e di numerosi altri storici, che non hanno venduto la verità per un piatto di lenticchie sabaude. I plebisciti sono un fondamento talmente debole per la creazione dell’unità di ITA, e per il suo attuale mantenimento in vita, questa sorta di accanimento farmacologico, che i pietosi medici di ITA farebbero bene a cercarne altri. Il problema è che anche tutti gli altri sono egualmente bacati e falsi. E che ITA non si regge più.

Paolo Bernardini
Presidente Pnv

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