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Lettera dalla Sardegna agli amanti della libertà

Insolito, trascorrere le vacanze natalizie in un luogo deputato per quelle estive. Non tornavo in Sardegna da venti anni, non ostante il grande amore che porto per una terra così vicina, ed insieme così lontana, dalla mia Liguria. L’ho trovato cambiata, certo, la mia Gallura. Ma neppure troppo. Palau alla fine è sempre la stessa, solo, tutti gli appartamenti e i residence hanno visto fiorire i girasoli-padelloni della tv satellitare, e i poco armonici parallelepipedi dell’aria condizionata. Ma certo non sono io laudator temporis acti, è giusto rinfrescarsi e ricevere notizie da tutte le parti del mondo. Un giorno la nanotecnologia ridurrà queste fioriture inamene a pochi centimetri quadrati, forse meno, curando così codesti inestetismi urbani dell’età novella. Alcuni luoghi sembrano magicamente gli stessi dei primi anni Ottanta; Porto Faro, residence di lusso, ha beneficiato di recente di una rinfrescata generale, è una piccola Portofino di fronte all’arcipelago della Maddalena, enclave per pochi fortunati, che riporta i colori delle case liguri. Costa Paradiso invece cresce armonicamente, ricalcando i modi e gli stili, tutti isolani, dell’incontro tra pietre e rocce brune, esaltato da un architetto di genio quale Alberto Ponis. Si può costruire senza devastare il paesaggio, anzi, ingentilendolo.
Visitando il nord della Sardegna si ha una strana sensazione.
E’ come se in qualche modo questa terra fosse già libera.

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Nella foto: la bandiera sarda nella piazza principale di Santa Teresa di Gallura, 31 dicembre 2008

E non si tratta solo dell’opera encomiabile, costante, profonda, dell’IRS, che sostiene da anni la nascita di una “repùbrica de Sardigna”; questo lavoro è grande e cresce. Ma è come se lo stesso tricolore non fosse il simbolo triste ed opprimente di ITA, ma appartenesse già al passato, fosse alla fine una forma di archeologia sabauda, tenuta così in vita, testimonianza di un’epoca trascorsa, come i nuraghe, come Saccargia, come tutti i siti archeologici che un mio perfetto omonimo da anni seriamente e fruttuosamente indaga.

La Sardegna è in qualche modo già libera prima di diventarlo.

ITA viene proiettata sullo sfondo di un mitico, lontano, e in questo caso davvero ostile “continente”; non appartiene alla Sardigna, perché non le è mai appartenuta. Né la Sardigna è mai appartenuta davvero ad ITA. “Continente” è espressione geografica e temporale ad un tempo. Per un equivoco storico, troppo stesso i sardi lo hanno visto, codesto “Continente”, spazialmente lontano, sì, ma temporalmente più avanzato, nel “futuro”.
Ora cominciano a capire che non è così. Che il futuro sono loro, e la loro libertà.

Per questo la libertà, per il popolo sardo, verrà naturalmente, sarà solo un passo in più, forse più lungo del solito, del medesimo lungo cammino. Certo qualche nucleo familiare di Sassari o Cagliari ha contribuito ad ingrassare ITA, ne è stato “classe dirigente”. Ma non sono sardi veri, sono una piccola élite di figli di papà del liceo Azuni di Sassari – vengono tutti da lì – che trovando troppo piccolo il loro mondo, in realtà troppo grande e bello per loro, si sono venduti alla causa del tricolore. Eppure la Sardegna dovrebbe far meditare. Una grande mente come Antonio Gramsci dovrebbe essere riletto senza il finto patriottismo italico e italiota, e capito davvero. La Sardegna è davvero “come un’infanzia”. Se sarà la prima a liberarsi da ITA, in questa gara virtuosa corriamo tutti, e chissà chi vincerà, le sue potenzialità saranno esaltate, si collocherà davvero al centro di un Mediterraneo che da millenni la vede ospitare civiltà diverse, alcune così remote da essere tuttora oggetti parzialmente misteriosi.
La Sardegna è terra di vini eccellenti, formaggi squisiti, splendide campagne, boschi incantati di quercia da sughero, artigiani sapienti. Un popolo profondamente legato alla propria terra. Capace di orgoglio, di tenacia, di fedeltà. Ogni tanto qualche ricco magliaro del continente cerca di strappare consensi qui, ma sono transitori. Uno spirito di libertà, fermo e quieto, aleggia sulle coste rocciose e sabbiose, sui boschi e sui laghi.
Un vento selvaggio ed indomito. Duro come le lame dei coltelli di Pattada; ne ho acquistato uno da un Maestro locale, dal bellissimo nome di Boiteddu Fogarizzu. Custode di una sapienza artigianale antica, la sua “resolza” sa senz’altro rescindere legami assai più forti di quello, tenue e fosco, che lega l’isola dei Fenici e dei Greci all’ITA dei ladri e dei pirati.

Per questo alla Sardigna auguriamo la libertà tanto quanto la auguriamo alla Venetia. Perché la libertà di Sardigna e Venetia, e di tante altre terre del mondo, altro non è che la realizzazione della libertà umana. Come hic et nunc è concessa dalla Storia.

Quella libertà che ITA e altri Leviatani usciti da qualche abominevole antico testamento laico hanno troppo a lungo soffocato.

Paolo Bernardini

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