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Cipro, ad esempio…

di Paolo Bernardini

limassol

Vi sono realtà europee che di solito sfuggono all’attenzione del pubblico e dei media, o altrimenti, se attirano tale attenzione, lo fanno involontariamente, per questioni geopolitiche piuttosto che economiche: Israele, ad esempio perché paese sotto assedio – raramente si parla di Israele come “piccolo Stato” con tutti i vantaggi che conseguono dall’aggettivo, il quale tempera gli svantaggi grandiosi del sostantivo – e Cipro, appunto, perché diviso tra una parte turca ed una greca, anche se, de jure, da considerarsi come una sola repubblica.
Nel tentativo di allontanare il ricordo di una grave violenza subita da me per volontà dell’università americana per cui lavoravo a Padova, mi sono inoltrato in Israele, Turchia, Grecia, Egitto, e ancor prima in Inghilterra, ed anche a Cipro.
Per la precisione a Limassol, città nella sezione greca, meridionale dell’isola, città nuovissima eppure dalla storia diuturna ed affascinante; il primo centro della Cipro “serenissima” che venne distrutto dagli Ottomani, nel 1539; Cipro infatti come è noto fu per lungo tempo colonia veneziana; dal 1489, quando Caterina Cornaro abdicò per ritirarsi in quella gemma ascosa di Asolo, fino al 1571, anno della conquista ottomana, a cui fecero seguito massacri indicibili; forse ventimila persone furono messe a morte, e saccheggi occorsero ovunque. Un eroe veneziano tra i più grandi che una storia corrusca e millenaria ricordi, e sono tanti tanti davvero, Marcantonio Bragadin, pagò con la vita, rimettendoci letteralmente la pelle (venne scorticato vivo), la sua strenue difesa di Famagosta, nel 1571, forse anche perché i Veneziani non vollero intervenire, o non poterono (questione aperta per noi storici) mentre già era nell’aria lo scontro decisivo che sarebbe avvenuto oltre un anno dopo a Lepanto. Quella pelle che, con un’avventura ancora tutta da raccontare in dettaglio, un giovane marinaio, Girolamo Polidori, rubò da Costantinopoli per riportare a Venezia: reliqua laica sia pure, ma non priva d’una sacralità tutta eroica, che si trova ai SS. Giovanni e Paolo a Venezia.
Sono vicende che raccontano in maniera appassionante Maria Grazia Siliato, in un libro del 1995 (L’assedio), pubblicato da Mondadori, e Gigi Monello in Accadde a Famagosta, opera assai bella pubblicata da un piccolo editore sardo (Scepsi e Mattana, 2006). Una relazione contemporanea su quegli eventi, curata in edizione recente dallo stesso Monello (sempre Scepsi e Mattana, 2007) è quella di Nestore Martinengo. Letture tutte molto edificanti. Anche perché la dominazione ottomana vide almeno 20 rivolte dei locali, tra 1572 e 1688, e questo non ostante una politica di tolleranza religiosa, il famoso sistema del “millet”, anche più avanzato delle politiche di tolleranza dei contemporanei sovrani europei.
Tuttavia quello che sto scrivendo non vuole essere né un elogio del passato glorioso della Cipro veneziana (anche se parzialmente lo è, e lo dichiaro apertamente), né un attacco agli Ottomani, ché sia cristiani sia musulmani ottomani o arabi hanno ecceduto in crudeltà, nel loro millenario confronto.
E’ la Cipro di oggi che interessa. Non ostante la sua divisione – e forse anche parzialmente grazie a quella: senza Famagosta divenuta turca nel 1974 non si sarebbe mai rigenerato il porto di Limassol, ora fiorente, nella parte greca – non ostante il fatto che i reggitori della parte turca non dedichino forse abbastanza attenzione all’archeologia veneziana, lasciando molti tesori in rovina per privilegiare il turismo marittimo – Cipro, non ostante tutto, è isola economicamente fiorente. Rientra nel ristretto novero dei micropaesi d’Europa e della UE, ovvero quei paesi, come l’Islanda, o come Lussemburgo (entrambi ricchissimi) al di sotto del milione di abitanti. Cipro ha ottocentomila abitanti, un’economia con una crescita sullo spread dei cinque anni del 3,2%, e un reddito procapite notevolissimo: quasi 26,000$. Questi sono tutti dati tratti dalla classifica dell’Index of Economic Freedom 2009; indice che piazza Cipro al ventiquattresimo posto: dopo l’Austria e prima della Germania. ITA si colloca al 76°, dopo la Turchia e prima di Capo Verde. Ma mentre Turchia e Capo Verde stanno migliorando le loro rispettive posizioni, nel non ameno terzetto ITA sta ulteriormente peggiorando.
Ora, è pur vero che lo stesso IEF individua il PIL procapite italiano a 29,000$ circa; quindi ancora lievemente superiore a Cipro. Ma Cipro non va paragonata ad ITA, pur essendo anch’esso uno stato indipendente; va paragonata se mai a Sicilia e Sardegna, essendo, tra l’altro, la terza isola per dimensioni del Mediterraneo dopo le due citate (ancora) appartenenti ad ITA (e prima di Creta). Ora, il PIL procapite di Cipro è superiore a quello di Sardegna e Sicilia (finché non diverranno esse stesse piccoli stati indipendenti).
E’ pur vero che non tutto brilla sotto il pur potentissimo sole del Mediterraneo sudorientale. Cipro ad esempio ha una spesa pubblica ragguardevole, il 43,9 del GDP. Quanto poi l’ingresso nella UE, e soprattutto, nel 2008, quello nell’area Euro, la abbiano agevolata, e non ritardata nella crescita, è oggetto di discussione. In ogni caso, in ITA si parla di oltre il 50%.
Qualcosa di fantozzionamente mostruoso.
Cipro è un’isola bellissima, piena di luoghi di interesse, di spiagge, di produttori di ottimo vino. Non è solo un crocevia di traffici. Limassol è una città moderna, gradevole, vivace. Per chiunque ami la storia, si intersecano percorsi romani e bizantini e veneziani, ottomani e inglesi. Ma ancor prima greci, naturalmente, Cipro, tra l’altro, è la terra dei mitici Ciclopi.
Che in politica economica mostrano però di avere un occhio solo sarà pure, ma molto lungo. Un’isola ove trascorrere serenamente belle vacanze. Ma a cui guardare anche dal punto di vista economico-politico. Basti dire che l’aliquota maggiore è del 30% per gli individui, ed è del 10% (flat) per le imprese. Sotto quel sole, lambita da quel mare, beneficiata da un clima ed una storia unici, e con queste aliquote (poco liriche forse, in compagnia di sole e mare e templi antichi, ma anche di quelle o malgrado quelle si vive) non sorprende che Cipro debba essere considerata con grande attenzione.

Paolo L. Bernardini
Presidente emerito
PNV

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