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La recessione non è finita

Tendenziale vs. congiunturale

di Lodovico Pizzati, pubblicato su noisefromamerika.org.

Mi dispiace fare il guastafeste, ma la recessione non è finita

Non c’è una definizione precisa di recessione, ma per i pignoli viene considerata due trimestri consecutivi di calo del Pil. Siccome è una definizione basata sulla crescita trimestrale bisogna distinguere tra crescita tendenziale e crescita congiunturale.

Per la crescita annuale questo problema non si pone. Si guarda al Pil rispetto all’anno prima e si calcola la crescita: (Pil2009 – Pil2008)/Pil2008. Per la crescita trimestrale invece il problema si pone: ci si basa sulla crescita rispetto al trimestre precedente o allo stesso trimestre dell’anno precedente?

Si possono guardare tutte e due le misure. Allora, per il terzo trimestre 2009:

  • La crescita congiunturale guarda l’aumento di Pil rispetto al secondo trimestre 2009: (Pil2009Q3 – Pil2009Q2)/Pil2009Q2.
  • La crescita tendenziale guarda l’aumento di Pil rispetto al terzo trimestre 2008: (Pil2009Q3 – Pil2008Q3)/Pil2008Q3.

L’Istat riporta entrambe le misure e qui sotto ricopio il primo grafico che mette a confronto i due metodi:

congvstend1

Non so perché per un grafico si usa la linea e per l’altro le barre. Il punto è che per il terzo trimestre 2009 la “crescita” (per modo di dire) tendenziale è stata del –4.6%, mentre la crescita congiunturale è stata +0.6% (e cioè l’ultima barretta positiva nel grafico di destra). Questo +0.6% è stato definito l’inversione di rotta, la tanto attesa fine della recessione, poiché questo risultato in territorio positivo avrebbe interrotto la fila di 5 trimestri negativi. Ora, questa interpretazione mi lascia un po’ perplesso perché ho sempre pensato si guardasse alla crescita tendenziale per definire una recessione. Difatti, guardando il grafico di sinistra non ci sono state recessioni in Italia (due trimestri consecutivi di calo) in quest’ultimo decennio a parte il crollo incominciato a primavera 2008. Se invece vogliamo cambiare metro di misura e guardare il grafico di destra per festeggiare la fine della recessione, allora scopriamo anche che questo decennio è stato tappezzato da recessioni.

Guardando la crescita congiunturale scopriamo due trimestri negativi praticamente ogni due anni: nel 2001, nel 2003, nel 2005, quasi nel 2007, e dopo naturalmente il tracollo dal 2008.

Non ricordo di aver sentito mai che ogni due anni ci fosse una recessione, appunto perché si guardava sempre alla crescita tendenziale. Allora, per essere coerenti bisogna guardare la crescita tendenziale anche questa volta. I dati dicono che c’è stato un calo del –4.6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’Italia è ancora in profonda recessione.

Ma torniamo alla crescita congiunturale. È possibile che nel trimestre estivo (il terzo) del 2009 l’economia italiana sia cresciuta rispetto al trimestre primaverile (il secondo)? Certo che no, i mesi di luglio ed agosto sono i mesi dove nel Bel Paese tutti vanno in vacanza e il Pil stagionalmente diminuisce rispetto alla primavera. Per questo le statistiche vengono giustamente destagionalizzate, il ché vuol dire che per fare un paragone i dati trimestrali vengono moltiplicati per un coefficiente stagionale. Per questo il Pil del terzo trimestre 2009 è stato moltiplicato per un coefficiente maggiore di 1 mentre il Pil del secondo trimestre 2009 era stato moltiplicato per un coefficiente minore di 1. Di quanto di preciso? Il numero preciso non lo so perché il sito dell’Istat è un labirinto, però possiamo dedurlo paragonando i dati trimestrali italiani, con e senza stagionalità, disponibili nel sito di Eurostat negli anni precedenti.

Pil italiano in milioni di euro

con stagionalita’

destagionalizzato

coefficiente

2007q1

376901.0

368831.8

1.022

2007q2

377324.8

382804.2

0.986

2007q3

377929.5

376181.7

1.005

2007q4

376317.7

380787.8

0.988

2008q1

387365.7

378665.0

1.023

2008q2

385073.1

390534.0

0.986

2008q3

382084.1

381486.4

1.002

2008q4

374142.8

378168.9

0.989

Nota: Dati Eurostat

Questi coefficienti stagionali sono calcolati in base all’oscillazione del Pil italiano nelle serie storiche. Benissimo, ma questi coefficienti sono attendibili anche in un anno di crisi anomala? Faccio un esempio estremo. Mediamente ogni primavera una ditta produce 100 e d’estate riduce l’attività producendo 50. Per destagionalizzare moltiplichiamo la produzione estiva per 2, così se una primavera si produce 104 e d’estate si produce 52, la crescita congiunturale destagionalizzata rimane 0% = (52*2-104)/104. Ora la nostra ditta subisce in primavera un crollo degli ordini e decide di comportarsi come se fosse estate (mandare tutti in vacanza). La produzione primaverile viene ridotta a diciamo 80, mentre d’estate si riduce come al solito a 50. Utilizzando i coefficienti stagionali storici risulterà che la nostra ditta ha avuto un’impennata di crescita congiunturale nel periodo estivo: +25% = (50*2-80)/80.

A livello aggregato (considerando tutte le ditte italiane), la produzione primaverile viene ridotta moltiplicandola per pressappoco 0.986, mentre quella estiva viene aumentata moltiplicando per qualcosa tra 1.002 e 1.005. Insomma, c’è una differenza di più di un 1% tra i due coefficienti. Considerando che d’estate l’impatto della crisi è meno accentuato, dato che tante ditte riducono la produzione comunque, quel +0.6% inizia a puzzare di destagionalizzazione sballata.
In conclusione, la recessione non è finita perché la crescita tendenziale del terzo trimestre 2009 è uno spaventoso –4.6%. La crescita congiunturale basata su dati destagionalizzati non vale un piffero in presenza di un’annata anomala, e quel +0.6% possiamo catalogarlo tra le statistiche inattendibili.
Scusate la pignoleria.

Lodovico Pizzati

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