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Delta project e l’atomica della Piave

Nella notte tra il 31 gennaio e il 1° febbraio 1953, l’Olanda fu interessata da uno dei più grandi sconvolgimenti naturali della sua storia. Un’eccezionale marea causata dalla classica “tempesta perfetta” arrivò a livelli di 5,6 metri sopra il livello del mare, causando un’alluvione spaventosa nelle province dello Zeeland, Zuid-Holland e del Noord-Brabant.
Morirono circa 1.835 persone e 70.000 animali, circa il 9% della terra coltivata olandese finì sott’acqua e 70.000 olandesi evacuarono dalle loro abitazioni, di cui 10.000 furono distrutte su un totale di oltre 47.300 edifici danneggiati.
L’Olanda, oltre a piangere i propri morti e a dannarsi per quella distruzione si interrogò sul proprio futuro e in pochi anni decise il da farsi per prevenire simili disastri. Per qualche anno gli olandesi discussero e studiarono le alternative e nel 1958 diedero inizio ai lavori, cominciando il Delta Project. In meno di 4 decenni, con solo pochi anni di ritardo rispetto ai tempi che si erano dati nel 1958, essi costruirono quella che fu definita una delle 7 meraviglie del mondo moderno, costituita da oltre 3.000 km di dighe esterne verso il mare del nord e oltre 10.000 km di dighe e canali interni.
Perché ricordo un evento avvenuto in un Paese europeo indipendente 57 anni fa, a 1.300 km dal Veneto?

Perché oggi ho assistito assieme a circa altre 400 persone a un convegno organizzato a San Donà di Piave sulla deleteria politica di deforestazione della Piave decisa dalla Regione Veneto.

Questo intervento è il 1° stralcio di un progetto che è stato bocciato da tutti i comuni rivieraschi della provincia di Venezia, con una dichiarazione del 2005 che ha unito tutte le forze politiche.
Ciò che è emerso con forza nel corso della conferenza è che a mancare è una visione globale che possa permettere di gestire un’autentica bomba atomica che è diventata la Piave.
E’ opinione condivisa infatti che oggi la situazione sia ancor più grave potenzialmente di quella della terribile alluvione del 1966.
E’ solo questione di tempo, ma la bomba atomica di nome Piave su cui sono sedute le province di Belluno, Treviso e Venezia esploderà, perché, a differenza degli olandesi, noi veneti in 44 anni non siamo nemmeno riusciti a concepire un progetto condiviso di azione. E non veniteci a dire che ci mancano le migliaia di morti, perché le oltre 2.000 vittime del Vajont sono ancora lì a gridare vendetta.
Ma qual è la differenza fondamentale tra l’Olanda e il Veneto, per impedirci di agire con la loro stessa unità d’intenti ed efficacia?
Beh, è semplice: l’Olanda è uno stato indipendente e sovrano, i cui cittadini sono responsabili e condividono con le loro istituzioni statuali un idem sentire e una comunanza di interessi pratici e ideali. Noi Veneti invece siamo sudditi di uno stato che ci è lontano, tanto quanto sono distanti i nostri interessi, dagli interessi di una classe politica che ha solo l’obiettivo della scalata politica verso Roma. La Regione Veneto sulla Piave agisce più come una diramazione statale romana che non come l’organo di massima rappresentanza istituzionale dei veneti tutti. Perché, ad esempio, non affronta con la dovuta serietà scientifica l’ipotesi di fattibilità del serbatoio di Falzè, troppo velocemente scartata per non generare sospetti.
Nei fatti, si dimostra “stranamente” più sensibile all’interesse di chi deve vendere ghiaia che non alla salvaguardia delle popolazioni che vivono nel bacino della Piave.

Si ricordino costoro che i fiumi conservano la memoria delle nefandezze degli uomini e sono pronti a ricordarle tutte d’un colpo e di solito in tragiche notti piovose.

Questa mattina mi sono detto che se in quella sala fossimo tutti stati indipendentisti, probabilmente la Piave oggi non ci farebbe paura, ma sarebbe una straordinaria fonte di vita del nostro straordinario ambiente naturale.

Noi Veneti dobbiamo recuperare al più presto la nostra storica e naturale cultura fluviale e per farlo ci serve la nostra indipendenza politica.

Gianluca Busato
PNV Treviso

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