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Senza il Veneto Indipendente Andrea Palladio non sarebbe mai esistito

Il mondo continua a parlare dei veneti. Lo scorso 31 marzo ad Oxford sono stati presentati disegni inediti del maestro: Andrea Palladio.

La notizia è stata riportata sui giornali e l’articolo si dilunga spiegando le vicende legate alla perdita dei fogli palladiani, molti dei quali non sono ancora stati pervenuti. Il passo più interessante è però il motivo per cui ogni notizia su questo architetto fa scalpore e desta l’attenzione del mondo: Andrea di Pietro della Gondola (soprannominato poi dal Trissino Palladio, nome che richiamava la sapienza della dea Pallade Atena), nato a Padova nel 1508, ha modificato il panorama del mondo anglosassone. Nel primo ‘600, dopo che Inigo Jones porta i disegni del maestro, l’Inghilterra abbandona lo stile Tudor e sposa lo stile del Palladio. Nel ‘700 anche gli Stati Uniti si fanno palladiani, la Casa Bianca non può nascondere la sua impronta.

Vi è però un errore: egli viene più volte definito “l’architetto italiano”. Italiano? Voglio citarvi un passaggio della monografia su Andrea Palladio dello storico americano James Ackerman: “La sua formazione avvenne in uno dei momenti più intensamente creativi della storia dell’architettura, e non al centro degli avvenimenti, dove egli avrebbe corso il rischio di diventare un altro dei tanti maestri della scuola romana o fiorentina, bensì nell’unica regione periferica in cui stesse sorgendo un’età dell’oro: la Repubblica veneta. Nessun altro fra i grandi architetti della sua generazione nacque e si formò nel Veneto perciò solo Palladio riuscì a far propria la fantasia bizantina o la radiosa levità dell’architettura veneto‐provinciale del primo Rinascimento. La sensuosità dello stile veneto fu il catalizzatore che rese possibile la combinazione degli elementi eruditi e intellettuali di Palladio nell’architettura più umana del suo tempo”.

Ciò significa che Palladio, se non fosse stato veneto, non avrebbe potuto essere Palladio. Un’edifico nasce e prende forma in base alla cultura, alle necessità e al gusto del luogo in cui verrà a sorgere. Un bravo architetto non progetterà mai un qualcosa fine a sé stesso, il risultato sarà tanto migliore quanto più il nuovo manufatto sarà integrato nel sito. Palladio non era certamente come le moderne “archistar” che seguono un estro momentaneo producendo un qualcosa di totalmente estraneo, basato esclusivamente su gusto personale e che determina una stonatura all’immagine di quel luogo. Egli faceva nascere i suoi progetti dalle esigenze della committenza veneta, infatti, tra le diciannove ville superstiti e la ventina di progetti noti dai Quattro libri dell’architettura o da disegni, ben pochi sono i casi di ripetizione, non esiste una villa palladiana “tipica”.

Il motivo sta appunto sul fatto che le esigenze e ovviamente il sito variava caso per caso. Palladio seppe risolvere egregiamente le richieste di gentiluomini che, spostandosi dalla città alla campagna per controllare da vicino la produzione agricola, volevano portare con sé la magnificenza delle loro dimore cittadine. La nobiltà capitalistica veneziana necessitava anche di riunire in un solo complesso la dimora padronale e gli edifici destinati ai servizi, le cosi dette “barchesse”. Furono i tempi a formare l’individuo, tempi in cui si lasciavano le città per il cambiamento dell’economia, per la modifica degli stili di vita, per l’evolversi delle necessità sul territorio veneto. Fortunatamente questo individuo era un genio, capace di edificare in modo grandioso ma allo stesso tempo economico e funzionale.

Il veneto Andrea Palladio soddisfò le richieste di una esigente committenza veneta, facendo sorgere le sue opere sulle campagne venete. Senza Veneto, non senza italia, il massimo esponente dell’architettura del ‘500 non sarebbe mai esistito.

Anna Durigon

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