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S-ciao mio

Ci sono almeno tre elementi che mi differenziano dalla maggior parte degli indipendentisti mainstream e che fanno sì che una non piccola parte degli indipendentisti mi consideri un nemico tout court da combattere e verso il quale indirizzare il proprio odio considerandomi alla stregua di un pericoloso infiltrato.

  •  Non sono un passatista. Ritengo che l’eredità della Serenissima sia quasi ininfluente al fine dell’indipendenza del Veneto. Ossia, non considero importante che i territori veneti nella storia siano stati una repubblica indipendente per mille anni. Ritengo sufficiente che una popolazione in un dato territorio si senta affine e che abbia la volontà di decidere da sola del proprio destino affinché possa diventare stato a sé. Anzi, ritengo che l’eredità della Serenissima in molte occasioni sia un fardello per gli indipendentisti veneti facendoli apparire alla popolazione veneta in generale come “folklore” e spesso “folklore che fa paura”.
  • Non metto come priorità la questione “identitaria” ma quella “economica”. Ossia reputo prioritario staccarsi dallo stato italiano per il fatto che noi veneti siamo una sottocolonia dello stesso. Tanti in questa mia visione economica vedono lo sprettro del gretto materialismo. Tanti indipendentisti quindi vorrebbero, anche inconsciamente, una Little Italy dove Venezia sostituisce Roma e non capiscono che se mettiamo lo stato, anche veneto, al di sopra dell’individuo, non facciamo altro che ripetere le sciagure dello stato italiano. La mia questione economica è questione di libertà e quindi a cascata anche di cultura. Imporre da Venezia uno stato etico veneto non porterà al rifiorire della cultura veneta.
  • Sono per la globalizzazione. Ossia sono per la libera interazione tra gli individui nel mondo, ossia per il libero mercato. Evviva le aziende venete che delocalizzano perché in questo modo attuano una salutare riconversione del mercato del lavoro veneto aggiornandolo e non facendolo vivere di protezionismo che impoverisce tutti. Evviva gli stranieri che si trasferiscono in Veneto per lavorare perché colmano un vuoto e portano ricchezza con il loro lavoro. Evviva i veneti che girano per il mondo perché solo conoscendo gli altri si può progredire. Per lavoro giro per il mondo e ho imparato nella mia modesta esperienza che avere come orizzonte solo il Veneto è una sciagura.

Sono entrato entusiasticamente nel PNV perché ho sentito per la prima volta qualcosa che faceva vibrare le mie corde e perché ho visto in quei pochissimi militanti che allora facevano parte del PNV dei compagni di viaggio con i quali si poteva costruire un progetto esaltante e serio. Ho conosciuto persone fantastiche con le quali non condividevo sempre tutto ma che guardano lontano, che mi hanno insegnato tanto e grazie alle quali sono cresciuto: Gianluca Busato, Lodovico Pizzati e Claudio Ghiotto sopra tutti.

Ho accettato il confluire del PNV in VS perché ritenevo che i tempi non fossero maturi per avere più partiti indipendentisti in Veneto e, anche se nutrivo dubbi sulla filosofia della controparte indipendentista, mi dicevo che il comune obiettivo fosse un aggregante talmente grande e importante da minimizzare le differenze. Oggi, dopo un anno, ho assistito a qualcosa di tremendo che mai mi sarei aspettato, ossia alla impossibilità da parte dei soci di Brescia e di Venezia di votare al Maggior Consiglio e per di più a una sorta di lista unica dato che non si sono accettate le candidature di persone come Gianluca Busato e altri: o così o così. La cosa che mi ha lasciato letteralmente a bocca aperta è stata la condotta del presidente dell’assemblea che ha gestito il tutto in modo scandaloso e adducendo formalismi da Unione Sovietica ha nei fatto reso l’assemblea non sovrana.

Oggi mi sono reso conto che questo non può più essere il mio partito perché  ora ho ben chiaro che non posso riconoscermi in un partito politico all’interno del quale c’è una forte componente che ha una visione che io reputo antiquata e perdente. Non lo dico con arroganza. Magari sarà anche vincente elettoralmente, ma perdente secondo il mio giudizio morale. In particolare, ho letteralmente paura di una certa tendenza etnonazionalista che sembra andare di moda tra i giovani. Statalismo comunitarista antimercato e anti-individuo: io ho paura.

In questi mesi per motivi personali e lavorativi non ho partecipato all’attività di partito e mi sono preso una buona dose di insulti perché facevo l’intellettuale che non si sporcava sul campo. Sarà anche vero. Tra poco andrò a vivere a tre ore di macchina da Verona fuori dal Veneto e per correttezza mi sono dimesso dal Minor Consejo perché non mi sembra eticamente giusto far parte di un direttivo politico di un partito indipendentista e non abitare nel territorio. Avevo inizialmente pensato di restate un socio che contribuisce anche solo economicamente o con la pubblicità alla crescita del partito che vuole liberare la terra dalla quale proviene, ma vedendo come stanno volgendo le cose penso che l’anno prossimo non rinnoverò la tessera.

Non porto rancore verso nessuno perché sono convinto che tutti stiano agendo in buona fede. Semplicemente, siamo persone diverse (sì, anche voi che dite che siete solo e unicamente veneti, sì, anche voi avete un’individualità) che non sono riuscite a fare fronte comune. Io vado via perché voglio fare esperienze nuove e perché reputo che la vita sia miserevolmente troppo corta per avere paura del cambiamento.

Lo ammetto, sarò banalissimo, ma ho avuto un’epifania ad ascoltare il discorso di Steve Jobs a Stanford.

Il vostro tempo è limitato, perciò non lo sprecate vivendo la vita di qualcun’altro. […] Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno cosa volete realmente diventare. Tutto  il resto è secondario.

Vi lascio sperando che vi fermiate cinque minuti a riflettere veramente su queste parole. Non porto rancore verso nessuno, ringrazio i meravigliosi compagni di viaggio di questi anni per tutto e spero che vengano tempi migliori.

Ti co Nu. Nu co Ti

Live Free or Die

Luca Schenato

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