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Il cielo d’Irlanda (sulle nevi dell’Indiana)

Oggi, 4 marzo 2011, mi è capitata una bella esperienza, di cui voglio parlarvi. Qui a Notre Dame, nel mio campus, anzi addirittura nel mio edificio, sette piani sotto al mio, a Flanner Hall, ha sede il centro di studi irlandesi della University of Notre Dame.

Certo, qui l’Irlanda va per la maggiore. La famosa squadra di football si chiama “Fighting Irish”, e il verde domina da ogni parte. Dal punto di vista accademico, Notre Dame ospita sia un dipartimento di studi irlandesi (http://irishlanguage.nd.edu/about/) sia un centro di studi irlandesi (http://www.nd.edu/~irishstu/).

Ora, sono appena stato ad una conferenza sulla crisi irlandese di un illustre studioso di sociologia di Dublino, Tony Fahey, docente a University College e qui in visita (ha preso il Ph.D. a Urbana-Chaimpaign in Illinois nel 1982). La conferenza è stata molto bella e abbiamo tutti convenuto che la sensibile contrazione dell’economia irlandese nel 2008 e 2009 sia dovuta ad una crisi di crescita, oltre a tutta una serie di fattori internazionali, e che il 2010 si sia concluso tutto sommato in positivo, per questa tigre celtica che è un bel miracolo della storia europea. Ho concluso il mio intervento con una considerazione: le due economie che stanno andando meglio, in Europa, quella della Norvegia e quella della Svizzera, appartengono a paesi fuori dell’EU. Che sia un monito per il futuro della Venetia libera?

Ora, le mie riflessioni, che espongo qui, sono diverse.

Come sarebbe bello se in futuro vi fosse un dipartimento, e un centro di studi veneziani, in una università importante come questa. Quando sentivo allegre signore, colleghe, e studenti, parlare in gaelico tra di loro, mi è venuto spontaneo pensare a quel giorno luminoso in cui in un ateneo americano studiosi e studenti parleranno in veneto, in cui finalmente una terra ancora non libera (l’Irlanda lo è da quasi un secolo), avrà la propria cultura, storia, economia, rappresentate a livello accademico così alto.

Succederà, non ne dubito.

Sono tornato nel mio ufficio all’ultimo piano per scrivere queste righe. Che servano di buon auspicio.

Le somiglianze tra Irlanda e Venetia sono notevolissime, il numero degli abitanti, sotto ai cinque milioni, è quasi identico; la grande volontà e l’immensa produttività del popolo simile, molto simile; in fondo un passato agricolo accomuna Irlanda e Venetia, come l’Europa tutta del resto, salvo che spesso il passaggio verso l’industria ma soprattutto quello verso il terziario è stato diverso. Se guardiamo ad indici come l’Index of Economic Freedom, nell’edizione 2011 la tigrotta celtica mantiene un’eccellente settima posizione (http://www.heritage.org/index/Country/Ireland), anche se in alcuni parametri è scesa parecchio. ITA, come ribadisco sempre, sta laggiù in fondo, all’87esimo posto (http://www.heritage.org/index/Country/Italy).

Ho iniziato citando Fiorella Mannoia; chiudo parafrasando Lucio Battisti: a cotali “discese ardite” non corrisponderà alcuna “risalita”.

Il futuro non solo dell’Europa, ma del mondo, è nei piccoli Stati. La Venetia libera avrebbe un potenziale immenso, e un giorno vi sarà un Center for Venetian Studies a Notre Dame, e questi studenti che vengono qui da tutto il mondo avranno davanti agli occhi, oltre ad una tigre celtica, un leone veneziano. Vorrei vivere abbastanza a lungo per vederlo.

Paolo L. Bernardini

 

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