headermask image

header image

La Truffa del Fotovoltaico

Come saprete con il decreto “blocca solare” si sono scatenate le proteste delle imprese del settore, dalle quali parte un allarme di una crisi nera, con possibili chiusure e licenziamenti di un settore che impiega sui centomila lavoratori.
L’altra sera ho visto un pezzetto di un programma della tv italiana “le iene” in cui veniva proprio discusso questo tema. L’intervistatore, pur nel suo stile scanzonato di quel programma, aveva chiesto il parere ad alcuni operatori, i quali senza mezzi temini dicevano che sarebbero stati costretti a chiudere: senza incentivi nessuno acquista.
Nel breve filmato viene pure mostrato un impianto fotovoltaico installato in una villa a Roma, dove il proprietario afferma di non avere sborsato nemmeno un centesimo per quell’impianto in quanto finanziato dalle banche, e pagato nel tempo dagli incentivi. Un bel business dove lui ci guadagna energia e impianto gratis, ma che con questo decreto rischia di diventare un boomerang visto che la banca aveva già fatto richiesta di rientro immediato del capitale anticipato. Candidamente l’intervistatore mostra sul tetto della casa l’impianto mostrandolo come la cosa più simpatica e pulita del mondo. Altro che centrale di Fukushima!

A volere questo decreto sono due ministri, Paolo Romani e Giancarlo Galan. Che quest’ultimo sia un simpatizzante del nucleare non è una novità, vista la sua proposta di “offrire” il Veneto come terra per installare un nuovo impianto (per altro, quanto sono simpatici questi Leader Maximi che senza remore dispongono del territorio a loro piacimento, senza curarsi minimamente dei milioni di persone che ci vivono!), e quindi potrebbe suonare sospetta la sua posizione.
Ma da Paolo Romani leggiamo la dichiarazione (tratto da PMI.it): «Con questo decreto abbiamo finalmente dato inizio ad una stabilizzazione del mercato dell’energia da fonti rinnovabili. Eravamo entrati in una bolla che sarebbe esplosa al raggiungimento della quota Ue al 2020 di 8.000 mw da fotovoltaico, quota che siamo in grado di raggiungere invece in pochi mesi».
Dunque si parla di bolla speculativa, perché sì, inutile negarlo, tutto l’affare incentivi rinnovabili ed in particolare sul fotovoltaico, si è ridotto ad essere una bolla speculativa.

Truffa fotovoltaicoPrima di continuare però è opportuno chiarire alcuni punti, tra cui “l’inclinazione politica energetica” (diciamo così) di chi vi scrive. A me pare chiaro che l’uso di combustibili fossili sia un vicolo cieco, dannoso (basti pensare al disastro nel Golfo del Mexico dell’estate scorsa) ed anche un po’ miope, considerando che il petrolio è una fonte importante di componenti chimiche che hanno un pregiato impiego in ben altri settori che bruciarli stupidamente. D’altra parte l’alternativa nucleare, che tuttavia pone diversi grossi problemi di entità non minore di quelli posti dai combustibili fossili: lo smaltimento delle scorie, i costi destinati a salire molto del combustibile attualmente normalmente usato (uranio arricchito) dato che sono rari e incidentalmente quasi tutti concentrati in aree politicamente instabili, ed infine il vero problema, il più serio e che mi ha sempre dato da pensare, che pareva fosse assicurato da nuove tecnologie sviluppate ma che i tre recenti incidenti in Giappone hanno evidenziato: il rischio di fusione. Un rischio raro, ma che quando accade diventa un caso di pura fortuna il riuscire a contenerlo, in cui l’opera di contenimento dipende dal numero di morti che si vuole accettare e che sono disposti a sacrificarsi “per il bene di tutti” (e in questo caso la parola ha un reale valore).
Per il nucleare il caso giapponese sarà il banco di prova che ci dirà qual’è il limite di tale tecnologia, visto che quello giapponese è il sistema più accurato, più preciso, più sicuro al mondo. Se loro sono in difficoltà, figuratevi cosa accadrebbe con un impianto installato in Italia dove se c’è una goccia che esce da una pompa, prima si pensa a spaghetti e mandolino, e poi alla pompa.
Ci restano le cosidette rinnovabili, che per adesso in molti casi sembra un ritorno a cavallo e carrozza.
E’ un bel dilemma, che alla fine io sono convinto porterà al miglioramento delle tecnologie per la cattura di energia naturale (nelle sue varie forme alla fine riconducibili al sole), e per lo sviluppo di soluzioni alternative al nucleare di oggi (ma sempre sul principio della estrazione di energia dall’atomo), ma sarà dura.
E’ quindi importante poter sviluppare sia tecnologie legate al solare, sia tecnologie autoestinguenti legate all’atomo. Per questo è necessario sostenere l’industria che vi opera?

Eccoci di nuovo a tema. Gli incentivi averebbero avuto la pretesa di sostenere l’industria che produce sistemi basati su energia rinnovabile, nella speranza che evolvesse in soluzioni tecnologiche più adeguate. Ma che cosa si è ottenuto? Una banale bolla speculativa.

Affermare le cose così tanto per battere le dita sulla tastiera non è utile. Con gli incentivi realizzati dal governo italiano e non solo, altri stati europei hanno perseguito la stessa (o simile) via, con risultati più o meno comparabili, si è in sostanza alimentata una speculazione. Per capirlo prima di tutto guardiamo cosa è stato maggiormente incentivato: energia eolica ed energia fotovoltaica, a grande distanza troviamo l’energia termosolare.
Quest’ultima ha avuto meno incentivi perché in realtà è l’unica che ha un bilancio economicamente positivo.

Quando parliamo di economia, nel campo dell’energia, dobbiamo considerare diversi fattori, che per il nucleare ad esempio sono (colpevolmente) omessi. Questi fattori sono sia il costo di produzione dell’impianto, sia il costo del combustibile ed il suo trattamento, trasporto e stoccaggio, sia il costo di pulizia e smaltimento, ivi incluso quello relativo alla decontaminazione in caso di incidenti o per uso normale (si pensi al problema del piombo nella benzina, costato la sostituzione con altri composti e relativi catalizzatori di abbattimento).
Poiché l’Italia è piena di santi, predicatori e gente che in genere si impiccia di questioni umane, parlare di economia a volte suona come blasfemo di fronte alla “sacralità” dell’essere umano e della sua salute.
Ma invero è proprio l’economia che ci indica un metodo razionale e misurabile con cui fare i conti proprio con quegli elementi che prima o poi possono incidere su quell’aspetto umano. Per cui ai lettori italiani consiglio di non trascurare per niente l’aspetto economico. Economia è anche il costo di avere persone malate che invece di contribuire al progresso della comunità devono essere assistite (o anche brutalmente si volessero gettare, come fossimo a Sparta, si avrebbe una decurtazione della popolazione attiva), è quindi il costo di dover rendere salubre e sicuro l’ambiente in cui esseri umani, animali e vegetali vivono in simbiosi.

L’economia dei sistemi che sfruttano energia derivata dal cosmo (vento, onde, energia solare diretta, correnti di marea, invasi idroelettrici…) non hanno tutti lo stesso livello di risultati. I sistemi eolici hanno un buon bilanco economico se installati in aree dove il vento c’è ed è abbastanza frequente. L’Olanda arriva ad avere un eccesso di produzione di energia grazie al vento, la Danimarca copre il suo fabbisogno energetico. Pare che in Italia non si riesca a cavare fuori molto con il vento. Nel sud della penisola sono stati fatti molti impianti, ma viene riportato che le pale spesso sono ferme. Là il business non era la produzione di energia, ma la vendita dei terreni.
Tuttavia il grosso dell’affare lo ha giocato il fotovoltaico. Centinaia di pannelli solari sono stati posati su tetti di abitazioni e capannoni industriali, e perfino sui campi, ma rigorosamente fuori dai centri storici delle città: “che sia mai che la bellezza venga sacrificata sull’altare della funzionalità!” Si son detti, con grande senso umanistico, negli uffici tecnici comunali.

Allora vediamo di fare i conti su questa fantastica cosa che è l’energia ricavata dalla luce del sole. Prima di tutto un breve cenno su come funziona. Il sole se fate attenzione è luminoso! La sua luce è costituita da particelle prive di massa e di pura energia chiamate fotoni, essa quando colpisce una superficie su cui sono depositati dei cristalli di silicio drogato con arsenico tale da formare un dipolo N-P, avviene che il fotone apporti un fattore energetico agli elettroni che orbitano attorno ai nuclei degli atomi di silicio per cui uno o più elettroni sfuggono dall’orbita e saltano di atomo in atomo tale per cui viene a formarsi una corrente elettronica che si presenta ai capi della piastra (chiamata cella fotovoltaica) dotata opportunamente di questi terminali, ricavando così energia elettrica.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo una serie di fattori per cui il rendimento, cioè quanta energia colpisce la cella e quanta la cella ne eroga, sia ben lontano dall’ideale ma impossibile 100%. Le celle migliori dieci anni fa avevano un rendimento intorno al 13…14% (dati della Q-Cells tedesca), oggi siamo sul 16%. Cioè in dieci anni non è cambiato quasi niente!
Sono state annunciate anche altre tecnologie, il “film sottile” e “vernici” fotovoltaiche, ma o hanno rendimenti più bassi (anche se con costi di produzione minori deve ancora essere chiarito se il bilancio costo produzione/energia prodotta nell’arco di vita è positivo) o sono utili solo per speciali applicazioni dove contano altri fattori, non la resa; e di fatto non sono quelle largamente offerte nel mercato che resta ancora vincolato alla cella al silicio.

Il problema nasce dal fatto che queste celle per farle richiedono lavorazioni molto laboriose e molto affamate di energia! L’energia richiesta per costruire una cella e quella che tale cella genera nell’arco della sua vita di funzionamento a malapena viene coperta con questi rendimenti. In altre parole, essendo tanto basso il rendimento, l’energia richiesta per realizzare la cella sarà a malapena restituita dalla cella nell’arco di tutta la sua vita: 25 anni!

Vi chiederete ora che razza di affare sia questo, no? Ed in effetti l’affare è un bluff. Se l’affare fosse un affare le celle fotovoltaiche sarebbero economicamente convenienti, si venderebbero da sole come si vende la benzina, ma si dà il caso che siano molto costose, e l’impianto per il loro sfruttamento lo sia ancora di più introducendo di sovrappiù perdite dovute all’energia dispersa per resistività delle connessioni, dei cavi di collegamento, della riflettività e opacità del vetro di protezione (per non parlare dello sporco che si deposita nel tempo), e soprattutto dell’inverter, l’apparecchio elettronico che trasforma l’energia elettrica a corrente continua generata dai pannelli in corrente alternata a tensione e frequenza adeguata a fare funzionare tutte le utenze elettriche normalmente usate, per un totale di perdite di circa il 15% nel migliore dei casi.

Perché questo genere di impianti diventasse accettabile occorreva un aiuto. Un incentivo appunto, che solo lo stato può permettersi di fare agendo come medium parassitario nel sistema economico di un paese. Esso viene ricavato succhiando danaro dalle bollette elettriche e in parte da tassazione (sempre delle bollette)

Ah, visto che ci siamo, anche i sistemi economici hanno rendimenti. Poiché un sistema che succhia danaro deve essere gestito da qualcuno che dovrà essere pagato, il sistema di tassazione ha sempre un rendimento inferiore al 100%, e siccome in genere si tratta di danaro che non ha una relazione diretta do-ut-des, è usuale vedere chi se ne approfitta ed operando da intermediario nei sistemi di tassazione ne succhia una parte agendo da parassita del parassita.

Gli incentivi qui sono stati tali che l’affare profumava di sfruttamento, così ci si sono buttate imprese che offrono consulenza, calcoli, burocrazia e naturalmente le banche, facendo lievitare il costo del 100%.

I pannelli fotovoltaici sono poi finiti tutti in Cina, oggi il principale produttore di celle e pannelli fotovoltaici. Per esempio, la Q-Cells, premiata da Khol in Germania nel lontano 1999, ha delocalizzato i suoi impianti in Cina così come lo ha fatto la BP, si proprio la British Petroleum, uno dei principali produttori di celle fotovoltaiche. Tutto questo made in china ha fatto si che invece di investire nello sviluppo della tecnologia migliorando i rendimenti sia invece stato concentrato nel ridurre i costi, e possibilmente guadagnarci di più alle spalle dei lavoratori cinesi che tanto loro con una ciottola di riso mangiano.

Quanto costa un pannello fotovoltaico? Acquistando da diversi produttori (i cinesi sono artisti nel copiare, e sono proliferate le aziende più o meno wannabe) i pannelli per un impiando tra 3KW costano circa 2000 euro. Si, lo so, a voi ve ne chiedono 20000, ma ora spiego il perché. Oltre al pannello ci vogliono dei supporti di metallo, che siccome sono fatti in Europa costano uno sproposito, se fossero fatti in Cina costerebbero meno di 100 euro in tutto. Poi serve un inverter. Costo 200 euro. Ma a voi lo vendono sui 3500, ah già, anche perché è dotato di un dispositivo di distacco omologato che da solo (colpa dell’omologazione) costa un migliaio di euro, il resto finisce in tasca. Poi vi serve il cablaggio e chi fa la posa, e qui siamo sull’onesto, probabilmente 500…1000 euro. Infatti per questo lavoro vengono sfruttati gli elettricisti che sono pure felici perché almeno lavorano. Ma la cosa più importante è la burocrazia, altrimenti come fate a sfruttare gli incentivi e la banca come fa a prestarvi i soldi senza rischiare un centesimo, il tutto alle spalle dei pagatasse che finanziano tutta questa giostra?
Non stupitevi, il costo della burocrazia è circa il 15/20% del costo dell’impianto. Se poi aggiungiamo i costi parassitari “inivisibili” della tassazione sulle bollette arriviamo a fare costare un impiando fotovoltaico 10* 2 volte il costo che avrebbe avuto.

Ma tanto a voi non interessa, come quel signore di Roma intervistato dal tizio “delle iene”: tanto paga la banca e poi si paga da solo con l’incentivo assicurato. Un meccanismo meraviglioso per alimentare una macchina mangiasoldi che alimenta sé stessa, una specie di mutui subprime del fotovoltaico.

Da non credere? Come fa un intero comparto industriale a strapparsi i capelli e dichiarare il rischio chiusura e fallimento senza incentivi? Significa che è stata costruita una industria parassitaria, che vive di tasse.
Voi italiani dovreste esserne avezzi, buona parte dell’economia italiana funziona in questo modo, mica per niente il debito pubblico continua a crescere. E’ come in Grecia, dove tutto è pagato dalle tasse, e siccome non è possibile farlo si fa debito pubblico all’infinito e oltre. Questo è il destino dell’Italia, perché non solo deve alimentare i 20mila forestali calabresi, i portaborse, i corazzieri e le 600mila auto blu, ma ora è arrivato a finanziare addirittura l’industria, e questo caso ne è una schietta testimonianza.

 

Claudio G.

*Errata corrige: avevo erroneamente digitato 10 confondendomi con il 100% di incremento (approssimativo) che in effetti corrisponde ad un raddoppio. Mi scuso per l’errore di battutura.

If you liked my post, feel free to subscribe to my rss feeds