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La crisi dei debiti sovrani stronca l’illusione dell’autonomia. Indipendenza Veneta unica salvezza

 

C’è già una prima vittima illustre nella crisi economico-sociale che in questi giorni attanaglia la vecchia Europa, in particolare quella del sud. In attesa di sapere che fine farà l’euro e gli stati più esposti con debiti spaventosi, vergognosi e ingiustificabili, il primo cadavere che affiora sul mediterraneo è il sogno dell’autonomia possibile.

L’unica salvezza per noi si chiama Indipendenza Veneta.

Per decenni anche il Veneto è stato ostaggio dell’illusione politica portata avanti dalla lega nord e da alcuni piccoli partiti venetisti che fosse possibile ottenere dallo stato centrale la concessione di forme di autonomia. L’esempio che tutti i politici autonomisti citavano era sempre quello: la Catalogna.

Oggi la Catalogna ha accumulato un debito monstre di 41,6 miliardi di euro pari a più di un quinto del proprio pil.

Ma come è potuto avvenire che il sistema federale tanto decantanto dai politici di casa nostra come modello da imitare nel corso di questi anni sia riuscito ad indebitarsi in un modo così impressionante?

In passato alle regioni spagnole veniva riconosciuta l’autonomia di spesa, ma non potevano determinare le entrate. Il risultato fu la completa deresponsabilizzazione politica di tali enti, che fino a metà degli anni ’90 coprivano i propri fabbisogni con trasferimenti statali (che coprivano circa il 70% delle spese, con eccezione di Paesi e Navarra, già autonomi anche fiscalmente, secondo il regime di autonomia definito “forale”).

Dal 1993 fu introdotto progressivamente un ampliamento dei poteri impositivi regionali anche a tutte le altre 15 comunità autonome in regime “comune” (tra cui la Catalunya), che attraverso diverse fasi e riforme del sistema di finanza pubblica ha aumentato la loro autonomia anche fiscale, con la cessione di maggiore tributi statali, inclusi i poteri impositivi. I tributi ceduti pur continuando ad essere di titolarità statale, vengono quindi devoluti – parzialmente o in toto – sia nel rendimento sia nella gestione alla singola regione. Le comunità autonome godono quindi del 33% del gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (con una serie di facoltà nella definizione dell’imponibile e dell’aliquota) del 35% dell’iva, del 40% delle imposte sugli idrocarburi, tabacco, alcol e birra e la totalità delle imposte sul patrimonio, successioni e donazioni, sulle trasmissioni patrimoniali e sugli atti giuridici documentati e del gettito delle imposte sull’elettricità ed immatricolazione dei veicoli, dell’imposta sugli idrocarburi e e della tasse sul gioco.

Il giochino ha funzionato per diversi anni, permettendo in particolare alla forza politica egemone in Catalunya, Convergència i Unió (CiU), di crearsi una rete di consenso politico basato anche e soprattutto sulla propria capacità di gestire la spesa pubblica a fini politici. Il risultato pareva interessante e a tutto vantaggio dell’autonomia, mentre in realtà il sistema nascondeva l’inefficienza di una deresponsabilizzazione congenita presente in un sistema autonomo, che vede sfuggire la responsabilità politica di chi mette in pratica un regime di spesa pubblica divenuto nel tempo folle, seguendo la chimera populista e socialista tanto in voga in Europa, purtroppo. È bastato quindi che scoppiasse la bolla immobiliare per far emergere il bluff, per citare il mio amico Claudio G. Hutte, e far saltare la partita di poker dei politici autonomisti catalani e rendere insostenibile un gioco basato sull’irresponsabilità.

Il default catalano segna anche la grave crisi di CiU e del sogno politico autonomista iniziato storicamente con Jordi Pujol e oggi portato avanti da Artur Mas.

Tradotto in termini veneti, l’esempio catalano dimostra anche la fine del sogno della lega nord (Łiga Veneta) e dei mille tentativi autonomisti che ancora oggi pensano di continuare a portare avanti un gioco basato sull’irresponsabilità politica e della spesa pubblica facile, che determina il fenomeno del voto di scambio democratico, che baratta il consenso politico con un oceano finanziariamente incolmabile di piccoli privilegi al popolino, che distruggono prima di tutto culturalmente e poi economicamente anche i tessuti competitivi più forti.

Con la crisi finanziaria dell’eurozona a nostro avviso muore – in termini generali – l’intero pensiero politico populista e socialdemocratico europeo e tutte le sue derivazioni locali, comprese quelle autonomistiche. Solo una completa e RESPONSABILE indipendenza politica può permetterci di avere il futuro che ci spetta, liberi dalle promesse dei politici, dai loro sprechi e dai debiti che ammazzano le giovani generazioni, ma anche il presente.

Coi schei no se schersa.

Gianluca Busato
Indipendenza Veneta

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